Dalle sponde del Nilo a quelle del Sile, l'invasione degli Ibis fa paura: «Sono voraci predatori»

Domenica 21 Gennaio 2024 di Mauro Favaro
Ibis nella Marca

QUINTO (TREVISO) - Dalle sponde del Nilo a quelle del Sile. Gli esemplari di Ibis sacro, uccello che nell'antico Egitto era venerato, si stanno moltiplicando nelle campagne della Marca.

Anche in quelle attorno all'oasi Cervara. Gli stormi ormai non si contano più. Di pari passo cresce l'attenzione per le possibili conseguenze a livello ambientale.

SPECIE INVASIVA
Si tratta infatti di una specie "aliena" invasiva. Nel senso che questi uccelli si trovano al di fuori del loro territorio di origine ma si sono comunque adattati estremamente bene alle nostre latitudini. Mangiano insetti terrestri e acquatici, pesci, anfibi, molluschi e crostacei, piccoli mammiferi e uova di uccelli. E alla fine potrebbero mettere in pericolo altre specie. «Gli Ibis sacri frequentano le nostre campagna ormai da qualche tempo -spiega Erminio Ramponi, direttore dell'Oasi Cervara di Santa Cristina- purtroppo sono carnivori. E muovendosi in gruppo possono predare un numero notevole di piccoli animali, riducendo la biodiversità locale». «Alla fine dell'inverno li vediamo frequentare anche la garzaia dell'Oasi -aggiunge- probabilmente attirati dalla socialità degli aironi. Ma non abbiamo dati sul fatto che si riproducano qui». Fatto sta che la popolazione di Ibis sacri, che arrivano a un'apertura alare di oltre un metro e venti, sta crescendo, fino ad aumentare del 50% ogni anno. Con le dovute proporzioni, un po' come è successo con il granchio blu, le nutrie, la tartaruga di palude americana e il gambero rosso della Louisiana. L'Ibis sacro, tra l'altro, è un predatore naturale sia del granchio blu che del gambero rosso della Louisiana. Potrebbe essere vista come un'opportunità. Ma è rischioso pensare di arginare l'allargamento di specie alloctone puntando su un'altra specie a sua volta non locale e invasiva. Non a caso in Italia si sta cercando di contenere il numero di Ibis sacri. Da dove sono arrivati? Storicamente sono nati in Egitto. Qui erano stati scelti anche per rappresentare Thot, dio della sapienza, della magia, della misura del tempo, della matematica e della geometria. Le cose sono cambiate nel corso dell'800.

STORIA DI MIGRAZIONI
Oggi l'Ibis sacro è praticamente estinto in Egitto. Si è spostato nei territori dell'Africa subsahariana e in quelli dell'Iraq del sud. All'inizio degli anni 90 si è diffuso in Europa in seguito alla dispersione da alcuni parchi faunistici tra la Francia e la Spagna. E di seguito si è riprodotto in modo spontaneo. Fino ad approdare nelle zone umide d'acqua dolce e nelle aree agricole del trevigiano. C'entra il cambiamento climatico? Fino a un certo punto. «L'elemento principale è l'alimentazione. E queste specie opportuniste non incontrano troppe difficoltà -conclude Ramponi- la loro espansione potrebbe anche non dipendere dal cambiamento climatico. Oppure, in modo relativo, potrebbe essere collegata nella misura in cui un leggero aumento della temperatura può aver portato a un aumento della disponibilità nel territorio del cibo di cui loro si nutrono».

Ultimo aggiornamento: 22 Gennaio, 15:53 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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