Emergenza profughi, nel trevigiano i sindaci chiudono la porta al Prefetto: «Qui non ci sono posti, niente accoglienza»

Le associazioni di categoria invece rilanciano: "Alle aziende serve manodopera, serve un piano d'integrazione"

Domenica 6 Agosto 2023 di Brando Fioravanzi
Emergenza profughi, nel trevigiano i sindaci chiudono la porta al prefetto: «Qui non ci sono posti, niente accoglienza»

TREVISO - Posti non ce ne sono. Questa la risposta dei sindaci trevigiani, almeno quelli dei centri maggiori, alla richiesta della Prefettura di nuove strutture dove accogliere i richiedenti asilo in arrivo. Ma non solo. Mario Conte, sindaco di Treviso, mette anche due paletti ben chiari: l’ex caserma Serena non deve essere più utilizzata per accogliere profughi. Secondo: visto che l’accoglienza diffusa non decolla, l’unica soluzione possibile a livello regionale è creare centri in tutte le province. «E in provincia di Treviso - ricorda - ce ne sono già due: l’ex Serena e l’ex Zanusso a Oderzo. Ma quella di un centro per provincia potrà essere la soluzione». Morale: ognuno deve fare la propria parte. «Col famoso protocollo firmato da Anci, Regione e prefetto abbiamo cercato di non arrivare a questo, a un bando della Prefettura. La quale alla fine, in assenza di risposte, dovrà imporre l’accoglienza in alcuni territori. Ce lo aspettavamo. Gli arrivi sono continui». Poi l’avviso: «Questa volta però la posizione del comune di Treviso, nei confronti della Prefettura e senza voler fare alcuna polemica, è una chiusura ad un’ulteriore disponibilità dell’ex caserma Serena che oggi conta già 520 persone. Numero che riteniamo eccessivo e che può portare a problemi sociali. Treviso ha dato.

Capisco le difficoltà del prefetto che dovrà trovare altre soluzioni». Quali soluzioni? Se i bandi andranno deserti, lo scenario si fa a tinte fosche: «Il prefetto, a quel punto, sarà costretto a imporre delle soluzioni. Anche delle tendopoli se dovessero servire. Ma da qualche parte queste persone devono essere accolte». 


LE REAZIONI
Se Treviso chiude, praticamente nessun altro sindaco apre. Stefano Marcon da Castelfranco è categorico: «Non ho posti da mettere a disposizione. E se ne avessi, ho 153 richieste per alloggi Erp e prima, quindi, penserei a loro. Smettiamola di ragionare sempre in termini di emergenza quando si parla di richiedenti asilo: sono almeno dieci anni che si va avanti così. Ci vogliono soluzioni organiche pensate dal Governo. L’accoglienza diffusa non è una soluzione: abbiamo già visto l’altra volta com’è andata a finire con cooperative o famiglie che, dopo un po’, non erano più in grado di garantire il servizio. E i sindaci hanno dovuto trovare soluzioni. Ecco: ci pensi il Governo, basta scaricare tutti i problemi sul territorio». Identica la posizione anche di Fabio Chies (Conegliano): «Noi non abbiamo strutture o risorse disponibili - chiarisce - ma non è possibile farsi trovare ogni volta senza un piano. A queste persone bisogna dare un’accoglienza dignitosa, non improvvisata. Ammetto che temo le soluzioni che potrebbero trovare i prefetti. Ma questi problemi non possono essere risolti dai territori».


L’ALTRO FRONTE
Anche il mondo economico chiede soluzioni al problema richiedenti asilo. «Il problema degli spazi dedicati all’accoglienza è serio - afferma Mario Pozza, Presidente di Unioncamere del Veneto – serve dunque un progetto condiviso con tutti gli Enti interessati sia a livello regionale che locale, anche perché i migranti ospitati negli hub attuali potrebbero essere linfa vitale per ridurre la carenza di manodopera nelle nostre aziende, in aumento anche a seguito della denatalità. Questo se solo si organizzassero dei corsi accelerati che permettano loro di essere inseriti in un contesto lavorativo utile. I nuovi arrivi sono comunque una questione di portata europea. Peccato però che poi ricadano sui singoli territori coinvolti dove tutti ben sappiamo le ristrettezze finanziarie in cui versano i Comuni. Ecco perché il mondo economico in questo potrebbe essere d’aiuto». Oscar Bernardi, Presidente di Confartigianato Imprese Marca Trevigiana, è convinto che una via d’uscita al problema del sovraffollamento degli hub territoriali possa essere quella di mettere i profughi nella miglior condizione possibile di integrazione socio-lavorativa. «Nella Marca c’è un grande bisogno di manodopera e, se inseriti correttamente nel nostro sistema economico, i profughi possono diventare una risorsa e non più un problema - sottolinea Bernardi - Tutti insieme, però, dobbiamo far in modo che una volta qui non si spostino poi altrove. È quindi necessario creare dei percorsi professionalizzanti e, soprattutto, dei corsi di lingua italiana che permettano un loro proficuo inserimento sia in azienda che nella comunità. In tal senso, ci mettiamo anche a disposizione gratuitamente per organizzarli».

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