Schivo, ricco e generoso: Canova oltre il suo mito

Martedì 24 Novembre 2020 di Chiara Pavan
Canova Le Tre Grazie: in un nuovo libro l'uomo oltre il mito

TREVISO Giocava a biliardo e adorava il Carnevale, gli piaceva travestirsi con tabarro e maschera, e poi via a teatro con gli amici. Adorava fare scherzi, ma era anche timido e schivo. Da bimbo, per l’amico asolano Giuseppe (Beppo) Falier, costruiva piccole statuine con cui giocare. Padroneggiava con sicurezza francese, inglese e latino, ma ogni tanto, quando scriveva in italiano, gli sfuggiva qualche doppia. E ogni volta che partiva per un viaggio faceva testamento. Non fosse stato per il suo amico Antonio D’Este, che si offrì come segretario per curargli gli affari, Antonio Canova sarebbe rimasto povero in canna.

Invece fece fortuna, era tra 100 personaggi più ricchi di Roma. Nello stesso tempo, tuttavia, era generosissimo, mandava soldi alla famiglia a Possagno sosteneva i giovani artisti che arrivavano a Roma in cerca di fortuna, e donava tutte le onorificenze che rifiutava all’Accademia delle belle arti.

LO SGUARDO

Ritratto di un genio visto da vicino. Ci ha pensato la studiosa romana Maria Letizia Putti, archeologa medioevale, ex docente di storia dell’arte e bibliotecaria, a scavare nella vita e nella quotidianità dell’uomo Canova nel saggio appena edito da Graphofeel "Canova, Vita di uno scultore” (19.95 euro). «Per scrivere su di lui ho pensato come lui, m’immedesimavo - spiega l’autrice - i suoi ragionamenti erano i miei e le notizie che leggevo saltando tra le biografie coeve, gli articoli e i saggi, confermavano che stavo procedendo nel modo giusto». Per scrivere su di lui, Putti ha curiosato tra libri antichi e manoscritti, carteggi e memorie, «su Canova la letteratura è sterminata, ho trovato molto grazie al suo amico Antonio D’Este, anche se spesso rischiava di portarmi fuori strada - racconta - A Bassano ho scovato un volume che contiene il diario di quando Canova andava a colloquio da Napoleone, incontrato due volte: la prima quando gli commissiona la statua di Giuseppina, la seconda quando Napoleone si era proclamato imperatore e aveva sposato Maria Luisa d’Austria in attesa di erede. La cosa curiosa era la confidenza tra i due: chiacchieravano come amici di vecchia data».

IL DENARO

Come molti geni dell’arte, Canova non sapeva gestire bene il denaro: dal suo “libro dei conti” si scopre che amava spendere per cocomero e gelato, si faceva risuolare le scarpe, acquistava letti, piatti di terracotta, posate d’argento e libri, tanti libri: «Ha sempre cercato di istruirsi, di conoscere i classici, di studiare le lingue - spiega Maria Letizia Putti - Col tempo si era creato una biblioteca straordinaria, comprava moltissimi libri, opere bellissime con molte stampe. E farsi rilegare le pagine in libro costava moltissimo». Sarebbe rimasto «un poveraccio se l’amico D’Este non fosse intervenuto facendogli da segretario, curandogli i rapporti con i committenti. Piano piano Canova accumulò soldi da diventare ricchissimo».

LO STRATAGEMMA

Da persona timida, Canova era una persona discreta. Si era innamorato e fidanzato con Domenica Volpato, figlia dell’incisore Giovanni Volpato, ragazza bellissima ma molto distaccata. Così alla vigilia delle nozze, mette in atto un fantasioso stratagemma per scoprire la verità. «Si nascose nella gerla di un fornaio e si fece portare sotto le finestre della ragazza, dove la udì parlare col dirimpettaio, incisore pure lui, Raffaello Morghen e capisce tutto. Così il giorno dopo va dal padre e annulla il matrimonio, spiegandogli che lui cercava l’affetto, la dedizione, e pur soffrendo lasciava libera la ragazza, che infatti poi sposò Morghen». Dopo i 45 anni, Canova «si guarda attorno, intreccia relazioni con donne sposate, e si invaghisce di Ninette, incontrata a Firenze mentre stava realizzando la tomba di Alfieri. Lei era promessa a un vecchio generale, Canova però perde tempo, finchè lei si sposa col vecchio. Eppure restano amici, anzi, mantiene l’amicizia con tutte, c’è una corposa corrispondenza, affettuosa. Anche Ninette gli scriveva. L’epistolario di Canova è sterminato». 

LE MANIE

Maria Letizia Putti fatica a trovare lati “negativi” di Canova: «Forse era troppo titubante, ma questo faceva parte del suo carattere. Era generoso, non ha mai fatto le scarpe a nessuno, nè parlato male di nessuno». Il suo studio funzionava«come una fabbrica: aveva aiutanti, garzoni che spostavano pezzi di marmo e costruivano telai per le misure. C’era una gerarchia di lavoranti. Canova era l’alfa e l’omega della scultura: si occupava dell’ideazione, disegnava quei bozzetti meravigliosi, e poi arrivava alla fine, solo a rifinire, per togliere le imperfezioni».  © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ultimo aggiornamento: 08:21 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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