Trapiantato muore e dona gli organi, la figlia dà il consenso con Whatsapp

Lunedì 6 Gennaio 2020 di Cristina Antonutti
Trapiantato muore e dona gli organi, la figlia dà il consenso con Whatsapp
PORDENONE - È stato un fine settimana intenso per il reparto di Anestesia e rianimazione guidato dal dottor Tommaso Pellis. Il gesto d'amore di due famiglie ha riacceso speranze di vita per diverse persone in attesa di trapianto. Sono due storie molto particolari. La prima, ma soltanto in ordine di tempo, riguarda un 72enne della provincia di Pordenone che, oltre alle cornee, ha donato organi che potranno salvare tre, forse quattro persone. Quando l'équipe medica ha informato i parenti della possibilità di donare, la moglie non ha avuto dubbi: «Sì - ha risposto - mio marito si commuoveva ogni volta che in televisione sentiva parlare di vite salvate grazie a una donazione. Sono sicura che anche lui avrebbe voluto così».

Venerdì è cominciata una corsa contro il tempo che ha coinvolto anche le staffette organizzate dalla Polstrada di Pordenone, a cui i medici si sono rivolti per inviare al Nit di Milano (il Nord Italian Transplant che coordina l'attività di prelievo e trapianto nel Nord Italia) i campioni prelevati per verificare la compatibilità degli organi con un donatore presente nella lista. Mentre aspettano indicazioni da Milano, medici e infermieri della Rianimazione si ritrovano a gestire un'altra emergenza: riguarda un paziente di 57 anni, italiano ma di origine ghanese, che nel 2018 ha ricevuto un cuore nuovo all'ospedale di Udine. Quel cuore è sano, ma in seguito alle terapie con farmaci immunosopressori il 57enne ha contratto un virus che lo ha portato alla morte cerebrale. I medici non credono che possa essere un donatore, ma illustrano comunque il caso al Nit, convinti che chi ha ricevuto un dono così grande desideri ricambiare.

Dal Nit ricevono il via libera: il paziente può donare, anche se i prelievi saranno limitati. Tutto risolto? No, anzi. In Italia non c'è alcun parente a cui rivolgersi per ottenere il consenso. I medici recuperano il numero di telefono della figlia che si trova negli Stati Uniti, in Ohio. «Se non c'è più nulla da fare - si sentono rispondere - vi do volentieri il consenso». Soltanto lei avrebbe potuto firmare i documenti e iI Nit ha dato un parere legale sulle modalità da seguire. Si era deciso di inviarle una mail con le carte, che la giovane avrebbe firmato e rispedito in Italia. Ma non aveva nè una stampante nè la possibilità di scannerizzare gli atti. Tutto si è risolto nel giro di un'ora: è andata in una cartoleria, si è fatta stampare la mail, ha firmato le carte e le ha inviate al medico coordinatore di Area vasta per le donazioni di organi, Roberto Bigai, attraverso WhatsApp. A quel punto il Nit ha indicato un organo preciso, l'équipe di Udine è venuta a prelevarlo e chirurghi urologi di Pordenone hanno effettuato - per la prima volta al Santa Maria degli Angeli - un intervento preliminare al prelievo.

Se la tecnologia ha abbattuto le distanze, la disinformazione è ancora diffusa. «Nel 2019 su nove casi di morte cerebrale - spiega Bigai - solo cinque si sono conclusi con il prelievo di organi. Gli altri o non erano idonei o i parenti non hanno dato il consenso». Il motivo? «O non ne avevamo mai parlato in famiglia o non volevano che il corpo del loro caro fosse toccato - afferma il medico - A Pordenone la percentuale di donazioni è inferiore al trend nazionale. Forse tra 20 anni cambierà grazie al fatto che quando si rinnova la carta di identità si può anche esprimere il consenso alla donazione».
Nel giro di un anno, grazie a questo automatismo all'Anagrafe, il Fvg è passato da 40mila dichiarazioni a 100.000. Pordenone è al terzo posto tra le città con più di 50mila abitanti (89% di consensi).

 
Ultimo aggiornamento: 8 Gennaio, 08:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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