PORDENONE - Tre medici a processo per una diagnosi errata, individuata soltanto in seguito all’autopsia. La paziente, una pordenonese di 72 anni, fu curata con antidolorifici per una polimialgia reumatica, quando invece aveva un’infezione in corso.
La vicenda risale al 2009. Per due volte la Procura di Pordenone ha chiesto l’archiviazione del procedimento non ravvisando responsabilità dei medici. E ogni volta i figli dell’anziana, tutelati dall’avvocato Antonio Pedicini, hanno fatto opposizione. Il gup Piera Binotto aveva chiesto nuovi accertamenti, in seguito ai quali ha disposto l’imputazione coatta per Donatella Cesca, medico del pronto soccorso di Pordenone e le guardie mediche Nicola Langiano e Lamia Channoufi. Ieri il caso è stato valutato dal gup Alberto Rossi, che ha rinviato a giudizio tutti e tre medici. Saranno il dibattimento e le nuove perizie a stabilire se l’anziana poteva essere salvata e se sussiste una colpa medica.
«Il punto - afferma Pedicini - è che non si può morire per questioni di bilancio. Se la paziente fosse stata ricoverata, avrebbero scoperto che aveva un’infezione». Le difese respingono le accuse, soprattutto per le guardie mediche. L’anziana morì nel giro di 5 giorni. Portatrice di protesi, aveva un dolore acuto a un arto. Andò prima dal medico di base, poi in pronto soccorso. Era una donna fragile a causa di alcune patologie croniche, il medico individuò una lieve alterazione della funzionalità renale e prescrisse antidolorifici. Era il 16 ottobre del 2009. Il dolore continuava. Tornò in pronto soccorso e le dissero di rivolgersi alla guardia medica. Lamia Channoufi si fece spiegare telefonicamente la situazione: «Se il farmaco non fa effetto - le disse - richiami tra mezzora».
L’aziana richiamò alle 22. C’era Langiano, che andò a casa a visitarla e sostituì l’antidolorifico. L’indomani la donna fu ricoverata in ospedale: morì nel giro di poco per choc settico, come accertato dall’autopsia.