Smaltimento dei rifiuti, rispunta l'idea di un inceneritore in Friuli Venezia Giulia: ecco dove potrebbe essere costruito

Mercoledì 18 Ottobre 2023 di Loris Del Frate
Un termovalorizzatore

La domanda fondamentale è sempre la stessa: dove? Già, perché se all’orizzonte si staglia nuovamente la possibilità che in regione nasca un nuovo termovalorizzatore perché quello di Trieste non basta più, la prima cosa che viene in mente a tutti è in quale sito realizzarlo.


PICCOLI PASSI


C’è subito da dire che la politica regionale, in particolare la maggioranza, è rimasta scottata dalla vicenda della maxi acciaieria nella punta Sud della zona industriale Aussa Corno nel comune di San Giorgio di Nogaro.

Un percorso ad ostacoli che ha subito visto la nascita di comitati contrari e la raccolta di quasi 25 mila firme contro l’eventuale progetto. Un approccio che - giurano in regione - non è il caso sicuramente di riprovare con la realizzazione di un termovalorizzatore. Non a caso, ora che la questione è tornata a riemergere dopo la riconferma alle scorse elezioni della maggioranza uscente e la (quasi) sicurezza che la maxi acciaieria si sta orientando verso altri lidi (vedi Piombino), la politica ci va molto cauta e l’assessore all’Ambiente, Fabio Scoccimarro, anche in odore di una possibile candidatura consistente alle prossime Europee, ha subito gettato acqua sul fuoco. Così come il sottosegretario alla Tansizione ecologica, Vannia Gava. I due, insieme al sindaco di Pordenone, Alessandro Ciriani, meno attendista e più deciso, si sono ritrovati insieme a discutere proprio di rifiuti, percorso circolare e termovalorizzatore. Sono stati i tecnici della Regione, invece, dati alla mano, a spiegare che un impianto per bruciare i rifiuti serve per completare il ciclo e rendere la regione totalmente autonoma, non spendere milioni di euro per portare in altre parti i sovalli da bruciare e per garantire pure energia a prezzi bassi.


IL PIANO REGIONALE


Il primo dato è senza dubbio legato al piano regionale dei rifiuti, approvato verso fine mandato della scorsa legislatura e che consente la realizzazione sul suolo regionale di un impianto di questo tipo tra l’altro con una dimensione che può arrivare sino a 120 mila tonnellate. Grosse dimensioni, insomma. Ma è proprio l’assessore Fabio Scoccimarro il primo a mettere il piede sul freno essendo sua la competenza. «Il nostro obiettivo - spiega - è quello di ridurre la produzione di rifiuti e di migliorare quanto più possibile, grazie alla raccolta differenziata e i centri di raccolta e di riuso, il processo di economia circolare, superando quindi il concetto di rifiuto stesso che diventa nuova materia prima dei processi produttivi. Certo - va avanti - vi sarà sempre un combustibile solido secondario (css) eccedente questo iter virtuoso che andrà gestito senza costituire nuove discariche e quindi dovrà essere recuperato sotto forma di energia». E siamo arrivati al termovalorizzatore. L’assessore se la cava con un dribbling da calciatore scafato, senza mai neppure nominare il termine. «Se sarà necessario - conclude - si avvierà un tavolo di confronto con tutti i gestori regionali al fine di rendere virtuoso il sistema è soprattutto senza impatti per l’ambiente e a vantaggio dei nostri territori».


IL SOTTOSEGRETARIO


La sintonia con la sacilese Vannia Gava è evidente. «Intanto - spiega - diciamo subito che la competenza sui rifiuti è della Regione, non dello Stato o del Governo. L’obiettivo del percorso circolare è quello, anche, di evitare di utilizzare le discariche raggiungendo in ogni caso l’autosufficienza impiantistica che è fondamentale. Se si riesce a fare questo percorso senza impianto di termovalorizzazione, evitando, però, di smaltire fuori regione quello che resta dei rifiuti perchè sarebbe una spesa importante che toglie risorse ai cittadini, allora l’impianto non serve. Se invece la gestione non arriva all’autosufficienza credo sia il caso di sedersi ad un tavolo e ragionare. Penso anche che quel ragionamento vada fatto con i gestori che attualmente si occupano sul territorio di questa materia anche per lavorare in modo da arrivare a un impianto pubblico».


IL SITO


A questo punto resta la domanda iniziale: dove? Se la risposta è “non nel mio giardino”, allora tutto diventa più complicato, così come sarebbe deleterio (maxi acciaieria docet) andare avanti senza dire nulla ai territori. Scontate le “rivolte”. Di sicuro alcuni sindaci, rispetto al passato, sono pronti a mettersi ad un tavolo. In regione l’area della zona Ponterosso a San Vito è una di quelle che potrebbero essere “sotto osservazione”.

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