Demolisce una casa e scopre
gioielli e liste clienti delle prostitute

Venerdì 9 Agosto 2013 di Antonella Santarelli
Libretto di lavoro per esercitare il meretricio (foto da Facebook)
PORDENONE - Durante la demolizione di una casa a Casarsa venuto alla luce un vero e proprio tesoretto delle prostitute, ovvero locandine con le tariffe per le prestazioni, borse, gioielli, vestiti con le paillettes parrucche, ondulacapelli e persino preservativi degli anni Venti e Trenta.



Oltre ad alcune liste di clienti che all’epoca frequentavano le case di tolleranza, non solo di Casarsa, ma anche di Trieste, Sacile e Udine, le quali avevano lo stesso amministratore o uomo di fiducia. Il materiale, rinvenuto nel 2010 e affidato alla cure dell’appassionato di antichità e mercatini, Davide Scarpa, 45 anni di Tamai, che racconta la storia delle prostitute italiane nel ventennio fascista, non ha però ancora trovato un’adeguata collocazione espositiva. «Non solo perchè gli enti pubblici sono a corto di soldi - sottolinea Scarpa, ex impiegato di un consorzio edile (quello che ha rinvenuto i reperti a luci rosse) disoccupato da marzo - ma anche perchè mi trovo davanti mille ostacoli di ordine morale. Puntelli messi soprattutto da parte di persone di una certa età che le case chiuse le frequentavano. Sicchè non è stato possibile creare un angolo espositivo alla sagra di settembre di Tamai, come aveva proposto la Pro loco. Un ristoratore, minacciato dai clienti che non sarebbero tornati, ha dovuto desistere dall’intento di esporre il materiale storico, mentre un mio amico che ha appeso due tariffari al bar "Due stemmi" viene spesso criticato dagli avventori. Tutte le volte che cerco di organizzare una mostra, 15 giorni prima dell’inaugurazione, mi chiamano dicendo che il vescovo o il monsignore di turno è intervenuto e ha fatto saltare tutto. Perché i bambini potrebbero scandalizzarsi».



Scarpa ha così creato su Facebook, la pagina del "Museo delle case di tolleranza nel ventennio fascista" divulgando le fotografie di gran parte degli oggetti in suo possesso, evitando di pubblicare le cose più scabrose e i documenti con i nomi dei clienti». Il materiale è stato restaurato da un esperto di sua conoscenza, «che però - sottolinea - visto che non avevo soldi per pagarlo, si è tenuto le cose più belle. In ogni caso - aggiunge - i cimeli sono talmente tanti, che per spostarli ci vorrebbe un camion».



Il tesoretto oggi è conservato nella casa di Scarpa a Tamai. «Ci dormo praticamente sopra - scherza -. Ma chi vuole può venire qui e farsi copia del materiale, perché la storia è di tutti. E le cose hanno un valore se vengono condivise. Sono documenti talmente incredibili che ti fanno fare subito un salto temporale nel passato».



Parlando con Scarpa, si scopre una faccia dell’Italia fascista. Le donne iscritte al partito, per esempio, avevano maggiore facilità d’accesso al mestiere. E dal 1938 la tessera divenne obbligatoria come per tutti gli altri lavori. Per esercitare «bisognava poi aver superato gli esami di abilitazione al regolare meretricio» e «dopo l’abilitazione c’era un severo tirocinio con tanto di apprendistato quasi gratuito in un locale di meretricio di Stato abilitato, in cui si mettevano alla prova le aspiranti al ruolo». Le norme igienico-sanitarie, poi, erano severissime: le donne venivano sottoposte alle visite mediche due volte la settimana per verificare la presenza o meno di malattie veneree».
Ultimo aggiornamento: 10 Agosto, 16:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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