Cimolai, tre colossi sono interessati: Webuild sta studiando un'offerta con Intesa Sanpaolo

Anche Pizzarotti e Rizzani de Eccher forse interessati al salvataggio del gruppo di Pordenone

Mercoledì 11 Gennaio 2023
Cimolai, tre colossi sono interessati: Webuild sta studiando un'offerta con Intesa Sanpaolo

Peggiora la gestione industriale del gruppo Cimolai spa, leader nella progettazione e realizzazione di facciate continue per grandi edifici (tuniche), in attesa di ottenere l'ammissione al concordato in continuità (il termine è slittato al 20 febbraio).

Dall'ultima situazione patrimoniale relativa al 30 novembre, che recepisce i saldi contabili della capogruppo Cimolai holding e delle branch estere, consegnata il 4 gennaio scorso al tribunale di Trieste dove è in corso il procedimento, emerge un risultato economico imputabile alla gestione dei contratti derivati e a termine sui cambi negativo per 243,9 milioni che include i differenziali negativi/positivi maturati nel periodo e addebitati/accreditati sui conti bancari della società e la stima del mark to market negativo dei contratti derivati e a termine sottoscritti a fine novembre (209,8 milioni). A fine periodo la perdita è stata di 315 milioni.


PRETENDENTI
Ma su un piano parallelo si muovono alcuni competitor in vista della presentazione di un'offerta sugli attivi della società di Pordenone con sede legale a Roma. Webuild si sarebbe rivolto a Intesa Sanpaolo divisione Imi Cib per farsi assistere nello studio di un piano di azione da attuare dopo l'ammissione alla procedura. Sul dossier si stanno muovendo anche Pizzarotti, il general contractor parmense e l'altro grande operatore infrastrutturale Rizzani de Eccher di Pozzuolo del Friuli (Udine), attraverso il suo patron Claudio.
Forse però è Webuild la soluzione più concreta per le dimensioni e la solidità del gruppo, partecipato al 16,7% da Cdp Equity, dalle banche al 10,7%, nato all'interno di Progetto Italia per il salvataggio di Astaldi. L'operazione potrebbe consistere nell'acquisizione di un ramo d'azienda che comprenda le attività e commesse di Cimolai. Resta da vedere il ruolo che vorrà giocare la famiglia Cimolai che è assistita da Lazard. Inizialmente i Cimolai avevano fatto sapere di voler seguire la ricapitalizzazione del gruppo fondato da Armando, padre dell'attuale presidente.
Tornando alla situazione dei conti presentata al tribunale, i ricavi sono scesi a 228 milioni a causa della mancanza di capitale circolante per finanziare lo sviluppo. Il totale dei costi di produzione si è attestato a 250 milioni e la differenza rispetto al valore della produzione è di soli 3 milioni a dimostrazione dell'impasse industriale in cui versa il gruppo friulano. Il tutto mentre il gruppo Macquarie, già attivo in Italia, ha annullato gli accordi relativi ai contratti su derivati sottoscritti con la friulana Cimolai Spa a copertura del cambio euro-dollaro: batte cassa per 49 milioni di dollari, pari alla minusvalenza contabilizzata dal banca d'investimento australiana. Maquarie, come riportano Bloomberg e Milano Finanza, il 14 dicembre scorso si è rivolta all'autorità giudiziaria londinese sostenendo di essere in perdita per decine di milioni di dollari dopo che l'azienda presieduta da Luigi Cimolai da settembre ha interrotto i pagamenti legati alle transazioni. Tecnicamente si tratta di una «contestazione di fine rapporto». Dal gruppo Cimolai nulla trapela. Fino a febbraio resta in vigore la misura di protezione che impedisce alle società che avevano operato con i derivati di avviare azioni esecutive. Il provvedimento del Tribunale di Trieste, da quanto si è appreso, ha valore in tutti gli stati della Ue e sarebbe stato riconosciuto anche nel Regno Unito.
 

Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 09:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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