«La "Mala"? Ci resta solo il nome». E così il nuovo boss ha dovuto arruolare due "veterani" della banda

Giovedì 2 Dicembre 2021 di Marina Lucchin
Da sinistra il colonnello Mosè De Lucchi, il procuratore Bruno Cherchi e il colonnello Gianluca Valerio durante la presentazione dell’operazione


PADOVA - Felice Maniero non aveva luogotenenti. Non si fidava davvero di nessuno, se non di se stesso. Lui era la mente, gli altri erano le sue braccia armate, quelli che facevano il “lavoro sporco” e non si preoccupavano di lordarsi le mani con il sangue. Chi insidiava “Faccia d’angelo”, finiva due metri sotto terra. Per questo la fama della “Mala del Brenta” continua a spaventare anche ai giorni nostri chi la sente nominare. Ed è su questi “fasti” del passato che puntavano coloro che hanno cercato di imporsi negli ultimi anni come boss della riorganizzata associazione: della “Mala del Brenta - come dicono i suoi stessi partecipi e come evidenzia il Gip nell’ordinanza - “è rimasto solo il nome”. Così, per far davvero paura, Loris Trabujo, vertice del clan dei “mestrini” assieme a Gilberto Boatto, avevano bisogno dei “vecchi”. 


LA STRUTTURA
Sì, perché, se a operare assieme ai due non ci fossero stati Paolo Pattarello, 73enne Arcellano d’adozione, implicato nell’omicidio dei fratelli Rizzi, o Marco Padovani, 71enne residente a Brusegana prima di tornare dietro le sbarre per una rapina nel 2018, Trabujo “non sarebbe nulla più che un criminale ordinario, e gli uomini che operano nell’associazione non avrebbero alcuna capacità intimidatoria se non quella derivante dall’efferatezza delle loro azioni”. 
Ecco perché in alcune estorsioni non c’è stato bisogno di fare uso di alcuna forma di violenza, come converrebbe a un’organizzazione di stampo mafioso, perché i vertici potevano contare sull’effetto intimidatorio che proveniva dal passato del solo nome della “mala” e dei “vecchi” collaboratori di Maniero.

Ecco perché le estorsioni contestate nell’ambito di questa operazione dei carabinieri del Ros sono state compiute nei confronti di coloro che storicamente erano già stati vittime della “prima” “Mala del Brenta”. E a fare le richieste estorsive era proprio Pattarello, fatto che conferma la tesi secondo cui “la capacità intimidatoria di questa “nuova Mala”, sia costituita da quello che i componenti singolarmente e storicamente rappresentano più che dall’associazione in sé considerata” evidenzia il Gip Barbara Lancieri. 


L’INTERCETTAZIONE
Ne parlano in un’intercettazione proprio Boatto e Pattarello con Trabujo.
B: «Loris, ascolta noi, noi eravamo forti 25 anni fa. Adesso sai cosa ci è rimasto? Il nome!».
T: «...il nome, eh!».
P: «Ma pensi che sia come una volta?».
B: «No, ti sto dicendo il contrario io». 

Eppure le cose sono diverse, Lo riconosce Boatto stesso che “sogna” una bella batteria di uomini, sempre pronti a intervenire, come quelli che erano in passato agli ordini di Maniero e non quella di uomini “uno più svitato dell’altro”
E si riferisce, tra gli altri, anche a Pattarello che, a un certo punto, perde il cappello durante un colpo e viene redarguito perché “...se trovano un capello siamo finiti”. Ma Pattarello è necessario al gruppo: è il collante tra i nuovi e i vecchi sodali. Da una parte mantiene i rapporti con Padovani, dall’altra con Trabujo. 


SECONDA “CHANCE”
Pattarello è quello che dà una seconda opportunità di tornare a una “vita criminale” in primo piano proprio a Marco Padovani, che era finito in solitaria o quasi a mettere a segno “rapinette” di poco conto. Come quella del 16 gennaio del 2018 ai danni della sala slot di via Forno a Selvazzano gestita da cinesi per cui è stato arrestato. Padovani era diventato addirittura “eroe per un giorno”: il 23 settembre 2015 quando, a Padova, si gettò nelle acque del fiume Bacchiglione per salvare un uomo che era scivolato a causa di un malore e rischiava di annegare. «Sono cambiato, ora amo anche fare volontariato» raccontava sorridendo dopo quell’episodio. 


Tutto falso: era tornato a ricoprire il ruolo di esperto di rapine. Rapine cui partecipava anche Ivan Giantin, ex affiliato della Mala nell’era post Maniero. Sembra di essere tornati indietro nel tempo: nonostante i decantati pentimenti e cambiamenti di vita sono rinchiusi dietro alle sbarre di una cella per aver cercato di rimettere in piedi la nuova “Mala”, di cui però, non è rimasto che il nome.
 

Ultimo aggiornamento: 17:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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