Inquinamento, nei ragazzi aumentano le difficoltà di procreazione. Gli studi dell'endocrinologo Foresta

L'allarme dello scienziato: nei Paesi più inquinati alta concentrazione di giovani infertili e di tumori ai testicoli. Esperimenti anti Pfas col carbone vegetale attivo su sostanze che restano nell'organismo anche dieci anni

Mercoledì 5 Ottobre 2022 di Nicoletta Cozza
Pievani, Foresta e Papetti al Bo: l'inquinamento, i pfas e i contraccolpi negativi sulla procreazione

PADOVA - Il titolo della conferenza è emblematico. Ma gli approfondimenti emersi nel corso della discussione sono addirittura inquietanti, perché, dati alla mano, la situazione è ben più critica di quello che si pensare. E la domanda che concluso la sessione, quindi, è doverosa: «Siamo disposti a cambiarci la vita?».
Ieri pomeriggio, infatti, nell'Archivio Antico del Bo gremito di persone, nell'ambito della Fiera delle parole si è tenuto l'incontro intitolato "L'inquinamento ambientale: una scomoda verità", tema sul quale, dopo i saluti dell'assessore Andrea Colasio, si sono confrontati il direttore del Gazzettino Roberto Papetti, Telmo Pievani, filosofo ed evoluzionista, e Carlo Foresta, già professore ordinario di endocrinologia nell'Ateneo patavino. Quest'ultimo durante i lavori ha presentato una ricerca sperimentale condotta dal suo gruppo di studio, secondo la quale utilizzando il carbone vegetale attivo si riesce a drenare a livello intestinale i Pfas, rendendoli poi eliminabili con le feci, mentre solitamente i perfluoroalchilici, agenti inquinanti particolarmente diffusi nel territorio veneto, rimangono nell'organismo una decina di anni: in una soluzione fisiologica simile al sangue umano sono stati disciolti Pfoa e Pfos, e il carbone attivo è stato in grado di rimuoverne praticamente la metà.
«I risultati preliminari - ha evidenziato Foresta - stimolano la verifica clinica di questa ipotesi e rappresentano una possibilità di intervento rapido e non invasivo».

LA DISCUSSIONE
Nell'introdurre il tema del dibattito, Papetti ha osservato: «Siamo di fronte a un quadro preoccupante e tra le scomode verità c'è un allarme che Foresta ha già lanciato diverse volte e cioè il fatto che se non cambieremo l'ambiente, contrastando inquinamento e surriscaldamento, saremo sempre meno in grado di procreare.

Del resto le ricerche hanno evidenziato che negli ultimi 40 anni il numero degli spermatozoi prodotti dai maschi occidentali si è già quasi dimezzato».

La sala gremita al Bo. In alto Pievani, Foresta, Papetti


«Gli interferenti endocrini - ha detto poi l'endocrinologo - sono tanti. Si tratta di sostanze chimiche che appunto interferiscono con l'attività degli ormoni, e in particolare del testosterone. Quindici anni fa in Florida avevano fatto degli studi interessanti su due laghi poco distanti, uno inquinato, dove le industrie buttavano i loro scarti, e l'altro con le acque pulite in quanto lontano dalle attività produttive. Gli alligatori che vivevano nel primo avevano cominciato ad avere caratteristiche ermafrodite e il pene di dimensioni ridotte, mentre i loro simili che erano nell'altro sito non presentavano alterazioni. E lo stesso è avvenuto per l'uomo: per esempio, in Danimarca, nazione inquinata, c'è un'alta concentrazione di infertili e di tumori al testicoli, mentre in Svezia, dove non c'è smog, queste criticità non esistono. Anche noi, quindi, abbiamo iniziato a studiare i ragazzi delle superiori, e abbiamo appurato che sono più alti di 12 centimetri rispetto a 25 anni fa: in loro sono cresciuti gli arti inferiori, si sono ridotti il volume del testicolo e la produzione di spermatozoi. Studi internazionali poi hanno messo in relazione i Pfas con queste manifestazioni cliniche, e con l'osteoporosi riscontrata sempre in soggetti giovani. Per non parlare della correlazione tra inquinamento e patologie quali autismo, o Alzheimer che sarà la prossima pandemia».

LE CONCLUSIONI
Incalzato da Papetti, Pievani ha concluso: «Il clima è sempre cambiato nella storia della Terra e a volte anche peggio di come sta avvenendo ora, come sappiamo noi che studiamo l'evoluzione. Ma ci sono due differenze adesso, e cioè la velocità, che non ha precedenti nella storia e che impedisce alla natura di riprendersi, e poi che questo mutamento per la prima volta è dovuto per il 98% alle attività antropiche. Non credo che ci estingueremo, ce la faremo, ma a quale prezzo? Perché già oggi l'80% del costo lo sta pagando chi ha contribuito a crearlo per meno del 5%. Un problema che alla fine rappresenterà una minaccia pure per i Paesi più ricchi».

Ultimo aggiornamento: 20:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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