Un anno di cassa integrazione per 111 dipendenti della camiceria Belmonte

Venerdì 18 Giugno 2021 di Barbara Turetta
La sede della storica camiceria, una storia imprenditoriale finita tristemente
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CERVARESE SANTA CROCE (TREVISO) - Dodici mesi di cassa integrazione straordinaria a partire dal 25 maggio per i dipendenti della Blm Srl, “braccio operativo” della Belmonte Spa, la nota camiceria con sede a Montemerlo che la controlla al 100%. La domanda è stata inoltrata al ministero del Lavoro dal curatore fallimentare, la dottoressa Alessia Zantomio. É una delle novità comunicate da Sergio Polzato della Femca Cisl Padova Rovigo e Manuela De Paolis, della Filctem Cgil di Padova, nell’incontro chiesto dal sindaco Massimo Campagnolo, al quale ha partecipato anche una rappresentanza dei dipendenti rimasti senza lavoro. L’azienda è titolare di negozi monomarca in diverse regioni italiane, e dei 111 dipendenti, 69 sono impiegati in Veneto, una quarantina dei quali nella sede di Cervarese.

Oltre alla cassa integrazione straordinaria, è garantito anche il Tfr pagato dall’Inps.


LA DELOCALIZZAZIONE
«Negli anni Ottanta - ha ricordato Polzato - la Blm, che ha cambiato pelle più volte nel corso degli anni, è stata una delle prima aziende ad attuare quelle innovazioni che non piacciono certo ai sindacati, portando la produzione all’estero e azzerando gli investimenti, per la realizzazione di prodotti con scarso valore aggiunto. Nel corso degli anni i costi aziendali sono aumentati per l’apertura dei negozi nei centri commerciali sette giorni a settimana. L’impresa ha cominciato a soffrire già alcuni anni fa ed è riuscita a sopravvivere soltanto grazie alla disponibilità degli operai, ai quali sono stati chiesti sacrifici enormi in termini di flessibilità».

La pandemia, poi, ha dato il colpo di grazia. «Ho voluto questo incontro, aperto anche ai lavoratori, per avere un quadro di tutta la situazione che purtroppo ha interessato l’azienda - ha detto Campagnolo - la possibilità della cassa integrazione straordinaria permette ai lavoratori di avere un po’ di tempo per ricollocarsi e trovare un nuovo impiego. Come amministrazione abbiamo chiesto di sapere quanti sono i lavoratori residenti in paese toccati da questa situazione, e come sindaco scriverò una lettera al ministero del Lavoro per tenere alta l’attenzione sulle difficoltà che sta attraversando il settore dell’abbigliamento». Lo scorso novembre la Belmonte è stata messa in liquidazione, non ci sono i soldi né per pagare gli stipendi, né per i Tfr, dal 6 aprile nessun negozio monomarca ha più riaperto e il 25 maggio è arrivata la sentenza di fallimento. «Il giudice – ha detto ancora Polzato – ha condiviso la nostra richiesta di ricorrere alla cassa integrazione straordinaria per dodici mesi, per dare ai lavoratori la possibilità di ricollocarsi e il tempo per la formazione. Alla fine del periodo chi non avrà trovato una ricollocazione potrà accedere alla Naspi e contestualmente sarà fatto un bando per tentare di vendere il marchio e recuperare un po’ di liquidità. Il Tfr è garantito perché sarà pagato dall’Inps». «La crisi nel settore moda, il secondo per manodopera con 580mila occupati, è in atto da tempo, con perdite nel 2020 pari a circa il 26% del fatturato, e quello della camiceria in modo particolare fatica a rimanere sul mercato se non propone un prodotto ad alto valore aggiunto – conclude il sindacalista - è necessario che la politica ponga maggiore attenzione a questo comparto, uno di quelli che hanno sofferto di più e sul quale il governo ha da poco aperto un tavolo permanente».

Ultimo aggiornamento: 07:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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