La barista cinese: «Mi guardavano con sospetto, imparare la lingua ha aiutato. Ho clienti affezionati, basta stereotipi su di noi»

"Il lavoro per noi sacro, avanti a testa bassa: i frutti non vengono subito, dopo un biennio di rodaggio le soddisfazioni arrivano. Sono in Veneto da 25 anni, qui sono nati i miei figli, non bisogna ghettizzarsi"

Lunedì 4 Aprile 2022 di Cesare Arcolini
Qing Mei Zhang, per tutti Giorgia
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NOVENTA PADOVANA - Nella frazione di Oltrebrenta di Noventa Padovana c'è un bar, il Cogli l'attimo, dove in 20 anni si sono susseguite più gestioni, tutte con gli occhi a mandorla. Da due anni dietro il bancone c'è QingMei Zhang , 50 anni, per tutti Giorgia.

Come vanno gli affari?
«Abbiamo un giro di clienti fedeli.

Il nostro obiettivo da sempre è quello di selezionare le persone che entrano da noi. Se ci accorgiamo che alcuni personaggi portano confusione, si comportano male, preferiamo allontanarli».

Ormai in Italia avete messo radici. Rimarrà qui?
«Sono in Veneto da 25 anni. Qui sono nati i miei due figli, l'Italia ci ha accolto molto bene. All'inizio ci guardavano con sospetto, poi col tempo ci siamo integrati e ora le cose vanno decisamente meglio. Fondamentale è imparare il prima possibile la lingua, altrimenti rischi di ghettizzarti e di non interagire con il resto della popolazione».

Si contano in tutta la provincia moltissime aperture di bar a guida straniera, soprattutto a gestione cinese.
«La nostra famiglia ha fatto tanti sacrifici, siamo gente semplice che non spreca il denaro e vive normalmente. Se lavori seriamente a fine mese lo stipendio lo ricavi, i fornitori riesci a pagarli così come l'affitto e le utenze».

Quali sono le difficoltà?
«Un esercente non può pensare di investire oggi per guadagnare domani. Se apri un'attività devi avere le spalle coperte, mettere in preventivo un biennio difficile, poi se avrai lavorato bene inizierai a raccogliere le soddisfazioni anche economiche».

Pregi e difetti dei suoi connazionali nel mondo del lavoro?
«Nella nostra cultura il lavoro è sacro, non sentiamo la fatica, andiamo avanti a testa bassa. Le feste, le ferie, le libere uscite sono rare, perché sappiamo quanti sacrifici bisogna fare per arrivare a fine mese».

C'è qualcosa che cambierebbe, invece?
«Se potessi cambiare qualcosa vorrei che il commerciante cinese imparasse maggiormente ad interagire con la popolazione ospitante. In fin dei conti lo stipendio te lo pagano i cittadini italiani. La persona che entra al bar non vuole solo consumare. Dobbiamo diventare più sorridenti e accomodanti».

Come immagina il suo futuro qui?
«La mia famiglia ha deciso di porre le sue radici in Veneto. Il nostro bar sta andando discretamente bene, i miei due figli stanno ancora studiando, ma quando possono vengono a darmi una mano. Insomma, vorrei con tutto il cuore creare un ciclo qui a Noventa e farmi apprezzare per il servizio, la cortesia e l'accoglienza».

E ai baristi italiani cosa vorrebbe dire?
«A volte i colleghi italiani ci vivono come gente che lavora male, abbassa i prezzi e rovina il mercato, lavora con approssimazione. Basta con questi stereotipi. Qui viviamo, qui paghiamo le tasse, qui i nostri figli vanno a scuola. Rispettiamoci e veniamoci incontro».

Ultimo aggiornamento: 5 Aprile, 11:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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