Marmolada chiusa da mesi, rifugi in ginocchio e scatta la colletta per salvarli

Mercoledì 5 Ottobre 2022 di Raffaella Gabrieli
Luca Toldo chiede aiuto per ripianare i debiti del rifugio Capanna Ghiacciaio

ROCCA PIETORE - Dopo il 3 luglio scorso, giorno del distacco del blocco mortale, in Marmolada nulla è come prima. Se il rifugio Pian dei Fiacconi era stato distrutto da una valanga il 14 dicembre 2020, nulla di buono si delinea all’orizzonte per gli altri due della parete nord. Con Luca Toldo della Capanna Ghiacciaio pronto a mollarne la guida. E con Carlo Budel convinto che in questa situazione sarà difficile riaprire Capanna Punta Penia.

CAPANNA GHIACCIAIO

Il futuro della Capanna Ghiacciaio è seriamente in bilico.

Chi se n’è occupato negli ultimi anni fatica a pensare di continuare. La tragedia accaduta tre mesi fa si fa ancora sentire. Per il dolore nei confronti delle vittime, innanzitutto. Ma anche perché la struttura a 2.700 metri di altitudine, alla luce delle varie interdizioni, non ha più potuto svolgere la propria attività. Così oggi Luca Toldo si ritrova a dover affrontare le spese per gli investimenti fatti e anche quelle per il recupero dei viveri ancora in rifugio. E lancia una raccolta fondi tra i suoi amici e ospiti. «Mi sembra ieri - ricorda - quando lo scorso inverno mi son ritrovato a investire tutto ciò che ho, e anche quello che non ho, in questa nuova avventura. Perché gestire un rifugio non è un lavoro, ma una scelta di vita. Quattro mura e un tetto per dare accoglienza e un pasto caldo a chi la montagna la vuole vivere un attimo in più del “toccata e fuga”, con due chiacchiere e una risata sempre presenti. Tutto sembra andare per il meglio, la stagione promette bene, finalmente una boccata d’ossigeno». E invece la disgrazia è dietro l’angolo.

LA TRAGEDIA

Il 3 luglio la Regina mostra la sua potenza e allo stesso tempo la sua fragilità. «Il suo manto di ghiaccio spazza via vite di chi l’ha amata, distrugge sogni di chi l’ha stimata e si impossessa di anime e di storie che là rimarranno per sempre», afferma Toldo che fu tra i primi a soccorrere le persone coinvolte nel disastro. «La montagna è imprevedibile - sottolinea - ogni alpinista sa in cuor suo i rischi che corre. Anch’io quando ho iniziato sapevo che sarebbe potuta non andare bene anche se di certo non credevo per una simile disgrazia». «Dal giorno della catastrofe - prosegue - la montagna è stata chiusa. Inizialmente sino a fine agosto, dandomi la speranza di poter riaprire il rifugio, avendo lassù tutte le provviste caricate a fatica per tutta la stagione. Ma poi la chiusura è stata prolungata fino a data da destinarsi: nessuno sa dire se e quando si potrà risalire. L’estate intanto è ormai passato, le provviste andranno verso la scadenza, sempre se resisteranno alle rigide temperature invernali. Tutto da riportare con l’elicottero a valle e buttare. Dunque questa volta tocca a me “chiedere rifugio” nella solidarietà altrui, proponendo una raccolta fondi Gofundme che mi servirà per chiudere i debiti d’investimento iniziali e per tutte le scorte che dovranno essere smaltite». «Ringrazio fin d’ora quanti hanno creduto in me - chiude Toldo - e coloro che mi hanno aiutato e mi aiuteranno in questa circostanza. Sperando di rivederci di nuovo lassù, sulla Regina».

LE ALTRE SITUAZIONI

Se già era difficile l’ipotesi di ricostruire il rifugio Pian dei Fiacconi, distrutto da una valanga il 14 dicembre 2020, in questa situazione di incertezza essa diventa ancor più improbabile. Per quanto il proprietario Guido Trevisan, attualmente gestore del rifugio Caldenave al Lagorai, sia profondamente legato a quello stabile e a quel luogo a 2.626 metri di quota. Sconsolato Carlo Budel, gestore di Capanna Punta Penia. «O tornano agibili tutte le vie - afferma - oppure non ha senso riaprire su ai 3.340 metri. La situazione è triste. A cominciare dal pensiero alle vittime per proseguire con il futuro della parete nord della Marmolada, quella più genuina, che appare tutt’altro che roseo». 

Ultimo aggiornamento: 17:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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