Dolomiti, sparito un altro ghiacciaio: il Fradusta non c'è più

Sulle Pale di San Martino. L'esperto Secchieri: "Le foto sono inequivocabili"

Giovedì 8 Settembre 2022 di Simone Tramontin
Il Fradusta oggi
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BELLUNO - Altro che «sciogliere il ghiaccio». Non c'è proprio più nessun imbarazzo da superare, ormai: che il cambiamento climatico sia in atto possiamo dircelo tranquillamente. Al limite, la cosa che ci dovrebbe far arrossire, ma dalla vergogna, è che non si faccia nulla per porvi rimedio. Ormai, il ghiaccio, si scioglie da solo. Letteralmente. Lo dice la scienza. Si fa un gran parlare di cambiamenti climatici, di questi tempi: a proposito e a sproposito. Più la seconda che la prima, per la verità. Per fortuna c'è ancora chi alle parole preferisce i fatti: quelli scientifici. Da oltre quarant'anni, il glaciologo Franco Secchieri, coordinatore del servizio glaciologico dell'Alto Adige, studia la «vita» dei ghiacciai dolomitici.

Una conoscenza, la sua, che lo ha portato a costruire un vero e proprio «catasto del ghiaccio», prima in collaborazione con Arpa e poi, dal 2015 a oggi, con una serie di studi confluiti in una recente pubblicazione.


IL GHIACCIAIO CANCELLATO
Volando sopra i ghiacciai, Secchieri è riuscito a collezionare un repertorio di fotografie che, ora, messe l'una accanto all'altra, gli hanno permesso di ricostruire come si sia trasformata nel tempo la superficie ghiacciata delle nostre Alpi. Nel suo ultimo volo di qualche giorno fa, però, un'amara sorpresa: il ghiacciaio di Fradusta, nelle pale di San Martino, è definitivamente scomparso. E pensare che proprio quel ghiacciaio, distante non molti chilometri dal confine bellunese, era diventato «famoso», nel 2013, per aver raggiunto la temperatura record di meno 49.6 gradi. Purtroppo, e qui sta il punto, la scomparsa del ghiacciaio è un evento tutt'altro che isolato: tutti i ghiacciai dell'arco dolomitico, trentino e bellunese, sono in grande sofferenza. La Marmolada è lì, a un passo. E i primi segni di cedimento già li ha dati: ai primi di luglio, quando un gruppo di alpinisti è rimasto travolto dal crollo improvviso di un ampio fronte ghiacciato.


L'EVOLUZIONE
«I ghiacciai sono importanti per chi studia il clima spiega Secchieri-: la loro evoluzione ci racconta come varia il clima. Foto alla mano, dal 1985 a oggi, possiamo dire ci sia stato un rapido ritiro dei nostri ghiacciai». L'analisi di Secchieri è abbastanza ampia da cogliere una dinamica ormai strutturale del fenomeno: «Teniamo conto di questo precisa Secchieri-: chi studia il clima non usa come unità di misura ciò che avviene nel singolo anno, ma quello che accade nell'arco temporale di un trentennio. Ora, dall'85 i trent'anni sono passati: i dati e le foto parlano allora chiaro. Il ghiaccio si sta sciogliendo. E rapidamente». Fare un'analisi dettagliata delle cause è cosa molto complessa. «Incrociamo le informazioni che abbiamo -spiega Secchieri-: vediamo il ghiaccio sciogliersi e, contemporaneamente, le emissioni di CO2, la temperatura media dell'aria e il numero di abitanti del pianeta aumentare. Non possiamo slegare le cause dalla responsabilità umana. Ci sono poi altri fatti complessi che si aggiungono: fenomeni naturali che si autoalimentano e dinamiche dell'atmosfera che stanno cambiando. Quest'anno, comunque, è stato critico: la mancanza di neve invernale e le alte temperature hanno influito molto. Il problema c'è: il ritiro del ghiaccio significa trasformare il paesaggio, ma soprattutto parlare di una riserva d'acqua che va scomparendo».


L'INVERSIONE DI ROTTA
Correggere il tiro, ora, sembra quasi impossibile. Le cose sono due, secondo Secchieri: «da un lato serve diminuire tutto ciò che oggi sta accelerando il processo e dall'altro serve adattarsi alla situazione, facendo delle scelte. Faccio un esempio: se fa freddo, posso scegliere di accendere la stufa oppure di mettermi addosso un maglione». Guardandoci in casa, purtroppo, la Marmolada sembra ben allineata a quanto gli ultimi «voli» di Secchieri hanno evidenziato già sul lato trentino. Le foto del «gigante ghiacciato» scattate solo qualche mese fa dallo studioso lo dicono chiaramente: ghiaccio, addio. Sono immagini che mettono i brividi. Ancor più, perché già nel 2020 alcuni esperti avevano messo nero su bianco un grido d'allarme: in 15 anni, la Marmolada che conoscevamo potrebbe non esistere più. E le foto, ora, sembrano suggerire proprio quanto il monito sia verosimile. Per un momento, una soluzione sembrava esserci: ricoprire con dei teloni il manto ghiacciato, proteggendolo dalle radiazioni solari e limitandone lo scioglimento.


I TELONI
Una pratica che, tuttavia, ha fallito clamorosamente. «Coprire il ghiaccio con i teli non è servito a nulla spiega Secchieri. Si vede bene dalle mie fotografie: il ghiaccio è sparito, sono rimasti solamente i teli». La soluzione era apparsa in realtà di dubbia efficacia fin dagli albori, tanto da spingere oltre 40 esperti a sottoscrivere un documento per fermare questa pratica. I teli, essendo di materiale plastico, si usurano in breve e, una volta disgregati, si disperdono nell'ambiente. Non fanno nemmeno bene la loro parte, peraltro: un conto è coprire localmente la neve, là dove corrono le piste da sci; un altro è ipotizzare di estenderli su aree più ampie: «un errore, sono inutili (e dannosi)», assicurano gli esperti. Sommando le cose, ghiaccio in rapida ritirata e soluzioni efficaci ancora di là da venire, sembra davvero difficile immaginare un futuro che includa ancora la parola «ghiaccio» nel vocabolario dolomitico. A meno di non congelare, una volta per tutte, le nostre cattive abitudini: quelle che ci hanno portati fin qui.

 

Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 10:59 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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