Confindustria: «Cerchiamo 350 lavoratori. Serve formazione e nuove politiche abitative»

Martedì 12 Aprile 2022 di Eleonora Scarton
Lorraine Berton, presidente Confindustria Belluno
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BELLUNO - Sono trecentocinquanta le figure professionali ricercate dalle aziende bellunesi associate a Confindustria Belluno Dolomiti.

Un numero importante che fa capire come il quadro generale sia sostanzialmente positivo per le realtà industriali presenti nella nostra provincia e questo, chiaramente, fa tirare un sospiro di sollievo per quelle realtà che invece sono in sofferenza. Pensiamo al centinaio di esuberi provenienti dallo stabilimento Acc di Mel, ma anche dei 180 della Diab di Longarone e delle recenti fuoriuscite della Safilo, sempre di Longarone.

L'ACCORDO ACC-SEST
«La firma dell'accordo Acc è una notizia attesa e positiva per il nostro sistema industriale e per tutto il territorio bellunese. Per questo va ringraziato, innanzitutto, il Gruppo Lu.Ve/Sest, con i suoi amministratori delegati Michele Faggioli e Matteo Liberali, per aver avuto il coraggio e la lungimiranza di investire nella nostra provincia e non altrove in Italia e in Europa, nonostante le evidenti difficoltà e le criticità che peraltro si sono palesate sino all'ultimo. Adesso si apre una fase nuova, alla quale tutti, a cominciare dalle istituzioni, dovranno contribuire, per garantire una maggiore competitività e attrattività del nostro territorio». È quanto afferma Lorraine Berton, dopo la firma dell'accordo per la cessione di Acc al Grupo Lu.Ve/Sest. «Come Associazione - prosegue Berton - abbiamo dato la nostra disponibilità per favorire la ricollocazione delle persone che non rientrano tra i 150 che troveranno posto nella nuova realtà, ovviamente in accordo con la Regione Veneto e in sinergia con Assolavoro e le organizzazioni sindacali, senza che ciò si traduca in azioni di intermediazione. Come da impegni presi in sede di comitato di sorveglianza, abbiamo già effettuato una rilevazione delle necessità occupazionali delle nostre aziende, ottenendo un riscontro positivo che riteniamo possa essere tranquillizzante anche per chi non sarà assorbito in Sest. Per essere chiari: il numero di lavoratori richiesti dalle nostre aziende, anche in un periodo così complicato e segnato da una grande incertezza, è superiore a quello di coloro che non rientreranno nel perimetro dell'operazione Sest».

ESIGENZA DEL TERRITORIO
Da una prima analisi, emerge che le aziende bellunesi associate a Confindustria Belluno Dolomiti necessitano di assumere almeno 350 figure professionali. Si va dagli operai generici anche senza esperienza all'addetto alla saldatura, dall'addetto alle macchine CNC al magazziniere, dagli elettricisti agli addetti alla serigrafia, dai manutentori di vari settori ai muratori. A questi si aggiungono gli addetti meccatronici e gli impiegati in varie funzioni: sviluppatori software, commerciali, ufficio acquisti, amministrativi. Molte di queste competenze si possono ritrovare proprio nei lavoratori dello stabilimento di Mel. «Con la regia della Regione Veneto spiega Berton - cercheremo di mettere a disposizione l'esito di questa nostra rilevazione, al fine di favorire l'incrocio tra domanda e offerta, sulla base delle competenze e di altre valutazioni non meno rilevanti. Ma una cosa deve essere chiara: è interesse comune che tutte le persone trovino una nuova occupazione. Attendiamo quindi che la Regione Veneto, con la quale stiamo dialogando da tempo anche su questa vicenda, convochi un incontro specifico, per pianificare le prime azioni concrete».

LE CONSIDERAZIONI
«Sappiamo che quello della carenza di manodopera è una delle principali criticità per il nostro sistema industriale, e non solo. Dobbiamo lavorare tutti insieme - conclude la presidente - per formare le competenze che servono, attivando adeguati percorsi di formazione come fatto da Confindustria Belluno Dolomiti con Luiss Business School e l'ITS Meccatronico. Ma non basta. Non ci stancheremo mai di ripetere come, al nostro territorio, servano anche infrastrutture materiali e immateriali, servizi e nuove politiche abitative».

 

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