BORGO VALBELLUNA - Il giorno dopo l'annuncio della proprietà di voler chiudere lo stabilimento Ideal Standard di Trichiana non è lo sconforto a dominare la scena.
IL GIORNO DOPO
Ieri il confronto fra lavoratori e sindacati. «C'è tanta rabbia, da parte nostra e dei lavoratori, contro questi dirigenti che in questi mesi hanno mentito, sapendo di mentire afferma Denise Casanova della Filctem -. Ma non possiamo abbandonarci a questo. Dobbiamo reagire. E lo faremo chiedendo all'azienda che ceda lo stabilimento, i macchinari e il marchio in modo tale da permetterci di trovare qualcun altro che subentri al suo posto». E il nodo è proprio quello. Come prosegue il sindacalista della Femca Bruno Deola, «Dobbiamo essere sicuri che Ideal Standard ceda lo stabilimento. Solo con questi presupposti si può ragionare su possibili acquirenti, che possano essere imprenditori o gruppi. Chiaramente, dopo quanto stiamo vivendo con questa multinazionale, auspichiamo che possa esserci un imprenditore con la i maiuscola che prenda in mano il sito e lo rilanci».
LE RICHIESTE
Casanova spiega che «Abbiamo un primo incontro il 5 novembre in regione del Veneto, da cui dovrebbe uscire una sorta di protocollo di intenti in cui l'azienda conferma la cessione dello stabilimento, degli impianti e del marchio da presentare poi ad un secondo incontro, in programma il 17 novembre al Mise. Proprio a fronte dell'apertura dell'azienda, dopo le due giornate di sciopero ci sarà una sorta di pace sociale fino a venerdì spiega Deola -. Se durante l'incontro in regione però la Ideal non garantisse le disponibilità che ha annunciato al tavolo del Mise, siamo pronti a nuove iniziative». Quello che ci si chiede è se il sito possa essere eventualmente riconvertito. «Sicuramente è riconvertibile per il settore ceramico, ossia per la produzione, per esempio, di mattonelle, piastrelle o cose che hanno bisogno di forni e ricottura - afferma Giorgio Agnoletto della Uiltec -. Abbiamo un esempio consolidato, che deriva dallo stabilimento di Roccasecca che Ideal Standard ha chiuso negli anni scorsi; lì lo stabilimento sta lavorando, con prodotti diversi dai sanitari, ma sempre di ambito ceramico, e i posti di lavoro sono stati in gran parte salvati».
IL MARCHIO
Una delle preoccupazioni più grandi riguarda il marchio Ceramica Dolomite. Un marchio storico e che è sinonimo di qualità. Il rischio è che qualcuno arrivi, acquisti il marchio, e poi vada a produrre all'estero. «Il rischio c'è, non possiamo nasconderlo sottolinea Agnoletto -. Ma qui sarà fondamentale, nel momento della contrattazione, mettere in chiaro le cose e ottenere delle rassicurazioni, anche scritte, in questo senso».