Prenotano tavolo in discoteca a nome "centro stupri": «Scusate, è stata una bravata»

Mercoledì 24 Giugno 2020 di E.B.
Prenotano tavolo in discoteca a nome "centro stupri": web in rivolta
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LIGNANO SABBIADORO - Si sono fatti riservare un tavolo in discoteca a nome «centro stupri» per festeggiare il compleanno di uno di loro. E nel corso della serata si sono ripresi con i loro smartphone, esibendo anche il cartellino con la scritta e vantandosi. Poi hanno postato tutto sui social.

Protagonisti sette ragazzi friulani che già nei giorni scorsi avevano diffuso online alcune foto di loro che indossavano t-shirt con la stessa scritta. Un gesto che ha fatto indignare il popolo del web. È accaduto a Lignano Sabbiadoro lo scorso sabato sera.

Il cartellino è stato rimosso dal tavolo dai gestori del locale, non appena il video ha cominciato a circolare. Dopo un primo botta e risposta (anche con frasi sessiste e razziste) alle critiche ricevute via web, i ragazzi, a distanza di qualche giorno, si sono scusati per la «bravata».
 

Lignano.
Centro stupri, la t-shirt choc

La Digos della Questura di Udine ha avviato un'indagine nei confronti dei sette ragazzi che lo scorso fine settimana a Lignano Sabbiadoro (Udine), per festeggiare un compleanno, avevano fatto riservare un tavolo a nome «Centro stupri» all'interno di un locale notturno. I ragazzi avevano realizzato anche una t-shirt con la medesima scritta. T-shirt che avrebbero indossato in quella o altre occasioni. Le ipotesi di reato sono istigazione a delinquere e incitamento all'odio razziale. Il secondo capo di imputazione è relativo alla fitta corrispondenza che i sette hanno avuto successivamente, sui social network, con quanti li contestavano.

In alcuni post, i giovani usavano termini pesantemente offensivi nei confronti delle persone di colore e apostrofavano con parole irripetibili le ragazze che censuravano il loro comportamento. Per supportare le attività della Digos è stata coinvolta anche la Polizia postale. Da quanto si è appreso, l'attività investigativa è soltanto all'inizio e mira a precisare le varie responsabilità di tipo penale e amministrativo. In questo caso è al vaglio la posizione del titolare del locale, che non solo ha accettato la prenotazione telefonica, esibendo sul tavolo riservato alla comitiva la scritta «Centro stupri», ma anche la decisione di non intervenire direttamente o chiamare le forze dell'ordine quando il gruppetto si è presentato. In questo filone, l'indagine avrà tempi molto più celeri: è direttamente il Questore a disporre, se lo ritiene necessario, la chiusura del locale.



 

T-shirt choc, l'esperta: non sottovalutare

«Tenere alta la guardia e non liquidare queste cose come fossero ragazzate. Bisogna richiamare i nostri figli sulla gravità delle loro azioni». È l'appello che Pina Rifiorati, avvocata di diritto di famiglia e presidente del Comitato pari opportunità dell'Ordine degli avvocati di Udine, rivolge ai genitori dopo quanto accaduto in una discoteca di Lignano, dove un gruppo di ragazzi si è fatto riservare un tavolo a nome «centro stupri» e ha postato sui social le foto, scatenando indignazione. Rifiorati parla anche come madre, perché una delle sue figlie le ha mostrato quanto stava accadendo sul web. Mia figlia mia «ha detto di avere trovato sconvolgente la superficialità e la leggerezza con cui certi ragazzi ridicolizzano lo stupro. Neppure lei riesce a spiegarsi come se ne possa ridere e pensa che chiamare così un tavolo in discoteca nasconda una considerazione della donna, e delle ragazze in generale, veramente retrograda e triste. Punta dell'iceberg di un'ignoranza senza limiti».

«Proprio non capisco - aggiunge - cosa possa portare un ventenne a concepire così un rapporto con una ragazza. In un momento come quello attuale, in cui tutte le forze della società civile sono impegnate a combattere le violenze e le discriminazioni di genere, trovo questo episodio scandaloso. Tanto più, in quanto avvenuto in una discoteca, che è un luogo di aggregazione». Spiace, aggiunge, «dover ammettere che con le giovani generazioni c'è ancora tanto lavoro da fare. Certo, non bisogna mai generalizzare e neppure criminalizzare una parte della società, che voglio sperare essere una minoranza, ma qui stiamo tornando spaventosamente indietro». Il legislatore, conclude facendo riferimento anche al cosiddetto «Codice rosso», «ha puntato molto sull'inasprimento delle pene e su una maggiore garanzia di tutela alle donne. Ma bisogna insistere di più anche sulla prevenzione».
Ultimo aggiornamento: 25 Giugno, 12:25 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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