Ritrovate le pennellate di Giotto

Domenica 29 Agosto 2021
Ritrovate le pennellate di Giotto
LA NOVITÀ
Le pennellate originali di Giotto sono tornate alla luce. Permettendo ai visitatori di ammirarle, e agli studiosi di accertare quale fosse la tecnica usata dal Maestro fiorentino prima di cimentarsi con la realizzazione del capolavoro che ha firmato agli Scrovegni. Il restauro degli affreschi trecenteschi nell'arco della Cappella di Santa Caterina, che si trova nella Basilica del Santo, una delle tappe dell'Urbs Picta insignita del sigillo Unesco ha restituito parti pittoriche originali che finora non erano mai state ammirate, svelandone i segreti. L'intervento è partito con il consolidamento della superficie dipinta, che in più punti si presentava sfaldata e addirittura in alcune zone persino staccata, con un risultato che i restauratori definiscono sorprendente. Perché adesso si vedono con esattezza i cangiantismi delle vesti delle figure disegnate da Giotto, la straordinaria tonalità degli incarnati rosati e i chiaroscuri di volti e mani.
IL METODO
Incipit dell'operazione di svelamento, commissionata dalla Delegazione Pontificia della Basilica, è stata una campagna di indagini diagnostiche, cui ha fatto seguito una mappatura delle pitture. Poi, nella fase cruciale dell'intervento, è stato utilizzato il bisturi, per eliminare le parti che in passato non erano mai state rimosse e che impedivano una lettura precisa di quanto dipinto da Giotto. Le doratura delle aureole risalivano al 1923, ma un traccia di quella originale si era mantenuta nell'asta della Croce tenuta in mano dalle Sante che il Maestro ha ritratto all'interno dell'arco. In aggiunta, adesso sono ben leggibili pure i disegni fatti a mano libera di alcune coroncine, posizionate sulle teste delle sante. Il progetto di restauro, autorizzato dal Soprintendente Fabrizio Magani nel novembre scorso, è stato portato a compimento sotto la direzione scientifica di Giovanna Valenzano, prorettrice al patrimonio artistico, musei e biblioteche, nonché storica dell'arte e docente al Bo, ed eseguito da Natascia Pasquali di AR Arte e Restauro con la direzione tecnica di Cristina Sangati, sotto il diretto controllo di Monica Pregnolato, anch'essa della Soprintendenza.
Quindi, dopo la prima fase di indagini diagnostiche condotte dal Ciba, Centro interdipartimentale di ricerca per i beni archeologici architettonici e storico artistici dell'Ateneo patavino, sono state eseguite le mappature di tutte le superfici pittoriche, un'analisi dettagliata delle superfici dipinte a luce radente, con gli ultravioletti e l'infrarosso per verificare le tecniche esecutive, le manomissioni, i restauri succedutisi nel tempo. La Cappella, costruita alla fine del Duecento, era stata decorata da Giotto, chiamato a Padova dai frati francescani, ma fu profondamente trasformata nel 1734 e le pitture giottesche vennero coperte da un nuovo intonaco. Per essere però riscoperte alla fine dell'Ottocento e coinvolte nel grandioso progetto di Boito, datato 1893, il quale si affidò a Giuseppe Cherubini per restaurare l'antica pittura giottesca. Il pittore, però, secondo gli esperti al Santo non era stato troppo rispettoso del dettato originale e ha in gran parte ridipinto anche le figure originali di Giotto.
La pulitura delle superfici pittoriche adesso ha riportato alla luce la versione di Giotto. Sono state mantenute, però, le zone dipinte da Cherubini nell'intervento terminato nel 1925, nelle aree in cui l'intonaco medievale era già completamente caduto all'inizio del secolo scorso.
I PARTICOLARI
Giovanna Valenzano ricostruisce così l'operazione di ripristino appena effettuata. «Ora - ha spiegato la prorettrice - si possono vedere parti che erano prima ben conservate, ma coperte da uno strato di sporco depositatosi nel corso dell'ultimo secolo, in aggiunta al quale c'erano resti di scialbatura che Cherubini non aveva tolto. In sostanza, sono stati recuperati decimetri quadri significativi di pittura originale di Giotto. Questo apre nuovi scenari e ci permette di valutare meglio l'attribuzione fatta per la prima volta da Francesca Flores d'Arcais nel 1968 e accettata da tutti gli studiosi». «Inoltre, - ha proseguito la docente - adesso è possibile mettere a fuoco la specificità della tecnica pittorica usata per dipingere l'intradosso dell'arco. Si tratta di uno strato sottilissimo di intonaco: si è recuperato il colore originale, con vesti che prima parevano grigie, e che invece sono più chiare per l'effetto del cangiantismo, con pennellate ocra, di una tonalità giallo-luminosa». La storica dell'arte ha ripercorso le tappe del progetto. L'Università aveva realizzato le indagini diagnostico propedeutiche al restauro, che sono state sollecitate dalla ditta che ha effettuato l'intervento, appunto la AR Arte e Restauro, la quale al Santo in occasione del Giubileo del 2000 aveva riportato all'antico splendore le pitture di Jacopo Avanzi e Altichiero da Zevio nella Cappella di San Giacomo. «È stato il Ciba - ha aggiunto la docente - a realizzare le analisi non distruttive e poi una serie di prelievi al fine di individuare l'esatta tecnica di consolidamento, prima di procedere con l'intervento di ripulitura».
«Alla luce di questo - ha concluso la prorettrice - quando l'intervento sarà ultimato anche Santa Caterina sarà una tappa importante dell'itinerario dell'Urbs Picta che vede la Basilica del Santo tra i luoghi più importanti del percorso diventato Patrimonio Mondiale dell'Umanità».
Nicoletta Cozza
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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