Pili, scontro frontale a distanza

Venerdì 6 Novembre 2020
Pili, scontro frontale a distanza
IL CASO
MESTRE «Non c'è niente, non c'è stato nulla. Non esiste qualcosa di più stabile delle aree, sono lì, ferme. La città ha bisogno di un palazzetto, di uno stadio e di una cittadella dello sport: ditemi dove farle e come finanziarla e noi lo facciamo». Luigi Brugnaro, sindaco di Venezia, portato (virtualmente, come tutti) in consiglio comunale da una richiesta dei consiglieri di minoranza, risponde così a chi dall'opposizione gli chiedeva conto della vicenda della compravendita dei Pili, area già di sua proprietà attraverso la società Porta di Venezia, dal 2017 gestita da un blind trust per evitare conflitti d'interesse con il ruolo di sindaco. Una zona comprata nel 2005 a 5 milioni di euro e che se acquistata dal magnate di Singapore Ching Chiat Kwong - il quale a Venezia ha già Palazzo Donà e Palazzo Papadopoli - avrebbe fatto incassare 100 milioni di euro alla Porta di Venezia.
LA RELAZIONE
Incalzato da tre dei consiglieri firmatari della richiesta che ha fatto nascere il consiglio di ieri - Monica Sambo (Pd), Gianfranco Bettin (Verde Progressista) e Marco Gasparinetti (Terra e Acqua) - che lo hanno pungolato soprattutto sullo scambio di mail tra il suo vice capo di gabinetto, Derek Donadini, ex dipendente di Umana, e i rappresentanti del magnate asiatico, Brugnaro ha risposto leggendo una relazione e affidando all'architetto Danilo Gerotto, direttore dello Sviluppo del Territorio del Comune, il compito di ricostruire la storia e la situazione dei Pili.
«Non è mai stato fatto nulla in quest'area - ha ripreso Brugnaro, parlando per un'ora e mezza - mai nessuno ha presentato proposte. I titolari sono gestiti da un trust, tutti hanno diritto di portare un progetto che in questo caso verrà vagliato dal consiglio. Il ruolo dell'amministrazione non è cambiato rispetto allo scorso consiglio sul tema» ha detto riferendosi alla seduta del febbraio 2018 passata alla storia come il consiglio della coppa. Quel giorno, a Ca' Farsetti per i Pili, Brugnaro lasciò al suo posto il trofeo dello scudetto della Reyer. «E lo rifarei - ha continuato - non c'è nessun atto sui Pili, sono ancora di proprietà della Porta di Venezia, appartenente a Umana e da me affidato ad un trust per non avere conflitti di interessi. In altre città e nazioni si è rispettati e omaggiati se costruisci ricchezza e lavoro, a Venezia no».
«PROBLEMI PIÙ IMPORTANTI»
L'esordio del sindaco è stato una risposta forte a chi l'ha voluto in consiglio ieri. «Sento sulle spalle il peso del tempo che sto sottraendo alla gestione di questa emergenza, i veri problemi di questo periodo sono al di fuori di questa riunione. Voi parlate di spopolamento e avete fatto scappare dalla città Zamparini con il suo stadio, Pierre Cardin e il suo palazzo, avete osteggiato Marchi e l'aeroporto, avete combattuto il termovalorizzatore di Veritas. Avete impedito e ostacolato tanti investitori».
Parole che non hanno soddisfatto l'opposizione. «Bastavano due minuti per dire come stavano le cose. Invece la non risposta è stata data parlando di tutt'altro» ha replicato Bettin, seguito dalla stessa Sambo: «Non è stata data alcuna risposta a nessuna domanda, nemmeno se è necessario difendere l'immagine del Comune da chi parla di speculazione edilizia». Questo mentre un po' tutta la maggioranza ha sostenuto le tesi del sindaco: «non è stato fatto nulla» e «il vero problema è la pandemia».
LO SCONTRO
Nelle coda il veleno con Brugnaro che chiama «signorina» la consigliera Sambo: «Trascinate una città intera in un consiglio comunale inutile». A richiamare il sindaco, il consigliere e sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta: «Non è stato colto il senso di oggi. Non era un tribunale, ma l'esigenza collettiva sul fatto di tutelare l'amministrazione e la trasparenza. Chiederei al sindaco di cambiare i toni, il passaggio dall'esuberanza all'offesa è labile. Oggi ha superato i limiti e chiedo di darci e di darsi una regolata».
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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