Mose, nuovi intoppi e ritardi Imprese al braccio di ferro

Giovedì 30 Gennaio 2020
Mose, nuovi intoppi e ritardi Imprese al braccio di ferro
LA GRANDE OPERA
VENEZIA «A questo punto vogliamo garanzie dalla politica romana. Se non arriveranno entro febbraio, le nostre imprese si fermeranno. E se ci fermiamo noi, si ferma tutta la macchina del Mose, anche le prove di sollevamento delle paratoie». È esplicito Devis Rizzo, il presidente di Kostruttiva, tra i firmati della lettera-ultimatum che il Comitato consultivo delle imprese del Consorzio Venezia Nuova ha spedito ieri agli amministratori straordinari, al provveditore alle opere pubbliche Cinzia Zincone, al commissario straordinario Elisabetta Spitz, ma per conoscenza anche al Governo, ai prefetti di Venezia e Roma, ai sindaci di Venezia, Chioggia e Cavallino Treporti. Il problema è sempre la crisi di liquidità del Cvn, con le imprese che già avanzano soldi e ora rischiano di non essere pagate. Questione annosa.
SOLLEVAMENTI A RISCHIO
«Stavolta, però, è diverso - precisa Rizzo -. Dopo il 12 novembre erano piombati a Venezia tutti, dal premier Conte ai ministri vari, a chiederci di accelerare i lavori, a dare garanzie anche dal punto di vista delle coperture finanziarie. Ma la settimana scorsa abbiamo scoperto dagli amministratori del Cvn che, ad oggi, la cassa è vuota. Qui non parliamo di finanziamenti: i soldi per il Mose sono stati tutti stanziati. Il problema è che da stanziamenti devono diventare cassa per essere spesi, per pagarci. Imprese che lavorano gratis non ce ne sono!». Ed ecco la minaccia di bloccare il lavori. «Garantiremo solo il presidio del cantiere, ma fermeremo anche i servizi che stiamo offrendo». In particolare quegli affidamenti sottoscritti ad agosto che hanno individuato le imprese di bocca. Kostruttiva, ad esempio, si occupa del Lido: sicurezza, guardiania, assistenza ai cantiere, 150mila euro al mese con una squadra di dieci operai a disposizione, indispensabili, in questa fase, per i test di sollevamento. «Senza di noi dovranno fermarsi». L'obiettivo delle imprese è Roma. «Noi siamo l'ultimo anello della catena, il Cvn il penultimo, alla fine c'è il Governo. Loro devono garantire».
REAZIONI PREOCCUPATE
Per il momento dai palazzi della politica romana non c'è voglia di commentare. Chi non si tira indietro è l'onorevole dem Nicola Pellicani: «Sono stupito e preoccupato. Mi sembra di rivedere il film di due anni fa, con il blocco dei lavori, che fui io a denunciare in Parlamento. Il Governo ha fatto i suoi passi. Ora va fatta chiarezza per mettere le imprese nella condizione di lavorare. Farò la mia parte. Serve un'attenzione continua, ci vorrebbe un ministro dedicato solo a Venezia». Molto preoccupata anche Roberta Nesto, laprima cittadina di Cavallino Treporti: «Auspico una presa in carico da parte dello Stato. Non possiamo permetterci di fermarci proprio ora che le cose si stavano sbloccando, dopo vent'anni difficili. Sarebbe un danno gravissimo».
SOLDI VIRTUALI
Certo la questione è complessa, legata alle regole delle contabilità pubblica, con il paradosso di soldi sulla carta che non si possono spendere. Proprio ieri il Comitato tecnico del provveditorato ha approvato, con una serie di prescrizioni, un progetto del Cvn di movimentazione delle paratoie: 8 test per barriera quest'anno, un po' meno il prossimo, per un totale di 4 milioni d 700mila euro. Soldi, però, che non finiranno subito in cassa del Cvn. Serviranno altri passaggi in un meccanismo che si fonda sui cosiddetti sal, gli stati di avanzamento dei lavori, che negli ultimi anni sono andati a rilento. Lo stesso vale per i 3 milioni di un altro progetto del Cvn approvato ieri, per la manutenzione delle opere già completate a Chioggia. Soldi ancora virtuali, mentre slitta anche il termine per l'operatività della control room dell'Arsenale. Il Cvn ha chiesto una proroga di sei mesi, approvata in Comitato. A questo punto la cabina di regia del Mose dovrebbe essere pronto per fine agosto.
Roberta Brunetti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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