LA RICERCA
Ma quale medico dei matti. La figura dello psicologo si sta progressivamente spogliando di luoghi comuni e vecchi stereotipi. Paura e vergogna sono emozioni sempre più sbiadite quando si cerca non solo una parola amica o una spalla per sfogarsi, ma soprattutto un aiuto concreto. E i veneti non hanno più timore nell'ammettere che in alcuni momenti della loro vita hanno avuto bisogno di un professionista formato, specializzato, in grado di dare un aiuto vero. E lo dicono senza più la paura di passare, appunto, per matti. Lo psicologo 2.0 è, insomma, una figura nuova, ricercata e non più tenuta nascosta.
PSICOLOGIA 2.0
Questo emerge dalla ricerca voluta dall'Ordine degli Psicologi del Veneto per tratteggiare i confini della professione. L'Ordine ha quindi affidato alla Winpoll Srl di sondare gli umori del veneti. Dal 9 al 20 novembre, l'agenzia ha intervistato 1200 persone, residente in tutte le province della regione, per tracciare il nuovo identikit del paziente e, soprattutto, del medico. Ne è venuto fuori uno spaccato di società per certi versi sorprendente.
Primo elemento: andare dallo psicologo non è così raro. Il 24,6% degli intervistati ha ammesso di esserci stato almeno una volta. Il 25,3% c'è andata in più occasioni, per appuntamenti ravvicinati e focalizzati su uno specifico problema da risolvere. Solo il 12% ha frequentato lo psicologo per più di tre anni. In poche parole: al dottore della mente si ricorre quando l'emergenza tocca i livelli di guardia e le cose da sistemare nella propria vita cominciano a diventare troppo.
UN PUNTO DI RIFERIMENTO
Secondo elemento: dallo psicologo non si va solo se si è depressi o affetti da qualche patologia, ma anche per parlare con qualcuno. Questo è uno dei dati che più hanno sorpreso: il 34,7% del campione lo ritiene utile anche solo per un piccolo consiglio. Le percentuali suddivise per provincia poi dicono che a Padova questa fetta di persone alla ricerca di una figura amica, per così dire, arriva al 39,4%, la più alta in Veneto; mentre a Treviso si abbassa al 26%. Ma il dato che veramente fa riflettere è un altro. I veneti, oltre a ritenere che lo Stato dovrebbe finanziare le ricerche in questo campo (36%), vorrebbero questa figura in pianta stabile nelle scuole (61,3%) e in ogni reparto ospedaliero (51,1%).
PROFESSIONISTA NELLA SCUOLA
Lo psicologo a scuola è ovviamente l'immagine che colpisce di più. Ma anche la più ovvia in tempi dove piaghe come bullismo, discriminazione, prevaricazioni di ogni tipo sono sempre più frequenti e ragazzi purtroppo sempre più fragili devono fare i conti con problemi, invece, sempre più complessi. Lasciare tutto questo solo sulle spalle degli insegnanti o delle famiglie non è più possibile: i mille e mille stimoli proposti di continuo dalla società creano tante opportunità quanto altrettanti pericoli. E per saper guidare un giovane, aiutarlo quando inizia a sbandare, serve un aiuto vero.
«Al giorno d'oggi i ragazzi sono molto più esposti agli influssi dell'ambiente che li circonda di quanto non capitasse in passato. Un professionista in grado di intercettare anche i più piccoli segnali di disagio, quelli che in genere in famiglia non si riescono a cogliere in tempo utile, e men che meno a scuola, è sempre più importante. Avere uno psicologo nella pianta organica delle scuole è una cosa a cui bisognerebbe cominciare a pensare».
L'IMPEGNO SOCIALE
É il pensiero di Alessandro De Carlo, 34 anni, il giovanissimo presidente dell'Ordine Veneto. Ha fortemente voluto questa ricerca e non nasconde la propria soddisfazione nell'apprendere come il cittadino comune veda la sua categoria: con occhi decisamente diversi rispetto al passato. «La richiesta di psicologi nelle scuole e negli ospedali è un messaggio considerevole - ammette - se poi mettiamo assieme il dato degli ospedali con quello di chi vuole lo psicologo anche negli ambulatori medici (e 1,7% degli intervistati li vorrebbe anche nelle sedi sindacali ndr), si va oltre il 70%. E questo è un bene per la completezza dell'offerta sanitaria». Lo psicologo a scuola resta però l'immagine più forte: «insegnanti e famiglie hanno sempre più bisogno di supporto. La realtà è cambiata e certi fenomeni non sono più facilmente individuabili e gestibili senza l'aiuto di persone formate adeguatamente», sottolinea il presidente.
INDAGINE SULLA REALTÀ
E la realtà è cambiata al punto che il normale cittadino non solo vorrebbe che la ricerca nell'ambito della psicologia venisse finanziata dallo Stato, ma si dice - a sorpresa - anche disposto a partecipare alla spesa attraverso il pagamento di un ticket: a Padova il 38% degli intervistati sarebbe disposto a mettere mano al portafoglio; a Vicenza il 35% e nelle altre provincie non si scende sotto il 30%. Questa corsa all'esperto in stati d'animo, emozioni, a questo medico specializzato nell'indagine più profonda dell'animo umano è anche una delle tante facce di una società dove il culto del benessere non è più solo limitato all'aspetto fisico: «La gente vuole stare bene sopratutto con se stessa - osserva De Carlo - a prescindere dalle patologie. E anche il solo bisogno di parlare è una richiesta importante, che va affrontata con il giusto bagaglio di competenze».
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA Ma quale medico dei matti. La figura dello psicologo si sta progressivamente spogliando di luoghi comuni e vecchi stereotipi. Paura e vergogna sono emozioni sempre più sbiadite quando si cerca non solo una parola amica o una spalla per sfogarsi, ma soprattutto un aiuto concreto. E i veneti non hanno più timore nell'ammettere che in alcuni momenti della loro vita hanno avuto bisogno di un professionista formato, specializzato, in grado di dare un aiuto vero. E lo dicono senza più la paura di passare, appunto, per matti. Lo psicologo 2.0 è, insomma, una figura nuova, ricercata e non più tenuta nascosta.
PSICOLOGIA 2.0
Questo emerge dalla ricerca voluta dall'Ordine degli Psicologi del Veneto per tratteggiare i confini della professione. L'Ordine ha quindi affidato alla Winpoll Srl di sondare gli umori del veneti. Dal 9 al 20 novembre, l'agenzia ha intervistato 1200 persone, residente in tutte le province della regione, per tracciare il nuovo identikit del paziente e, soprattutto, del medico. Ne è venuto fuori uno spaccato di società per certi versi sorprendente.
Primo elemento: andare dallo psicologo non è così raro. Il 24,6% degli intervistati ha ammesso di esserci stato almeno una volta. Il 25,3% c'è andata in più occasioni, per appuntamenti ravvicinati e focalizzati su uno specifico problema da risolvere. Solo il 12% ha frequentato lo psicologo per più di tre anni. In poche parole: al dottore della mente si ricorre quando l'emergenza tocca i livelli di guardia e le cose da sistemare nella propria vita cominciano a diventare troppo.
UN PUNTO DI RIFERIMENTO
Secondo elemento: dallo psicologo non si va solo se si è depressi o affetti da qualche patologia, ma anche per parlare con qualcuno. Questo è uno dei dati che più hanno sorpreso: il 34,7% del campione lo ritiene utile anche solo per un piccolo consiglio. Le percentuali suddivise per provincia poi dicono che a Padova questa fetta di persone alla ricerca di una figura amica, per così dire, arriva al 39,4%, la più alta in Veneto; mentre a Treviso si abbassa al 26%. Ma il dato che veramente fa riflettere è un altro. I veneti, oltre a ritenere che lo Stato dovrebbe finanziare le ricerche in questo campo (36%), vorrebbero questa figura in pianta stabile nelle scuole (61,3%) e in ogni reparto ospedaliero (51,1%).
PROFESSIONISTA NELLA SCUOLA
Lo psicologo a scuola è ovviamente l'immagine che colpisce di più. Ma anche la più ovvia in tempi dove piaghe come bullismo, discriminazione, prevaricazioni di ogni tipo sono sempre più frequenti e ragazzi purtroppo sempre più fragili devono fare i conti con problemi, invece, sempre più complessi. Lasciare tutto questo solo sulle spalle degli insegnanti o delle famiglie non è più possibile: i mille e mille stimoli proposti di continuo dalla società creano tante opportunità quanto altrettanti pericoli. E per saper guidare un giovane, aiutarlo quando inizia a sbandare, serve un aiuto vero.
«Al giorno d'oggi i ragazzi sono molto più esposti agli influssi dell'ambiente che li circonda di quanto non capitasse in passato. Un professionista in grado di intercettare anche i più piccoli segnali di disagio, quelli che in genere in famiglia non si riescono a cogliere in tempo utile, e men che meno a scuola, è sempre più importante. Avere uno psicologo nella pianta organica delle scuole è una cosa a cui bisognerebbe cominciare a pensare».
L'IMPEGNO SOCIALE
É il pensiero di Alessandro De Carlo, 34 anni, il giovanissimo presidente dell'Ordine Veneto. Ha fortemente voluto questa ricerca e non nasconde la propria soddisfazione nell'apprendere come il cittadino comune veda la sua categoria: con occhi decisamente diversi rispetto al passato. «La richiesta di psicologi nelle scuole e negli ospedali è un messaggio considerevole - ammette - se poi mettiamo assieme il dato degli ospedali con quello di chi vuole lo psicologo anche negli ambulatori medici (e 1,7% degli intervistati li vorrebbe anche nelle sedi sindacali ndr), si va oltre il 70%. E questo è un bene per la completezza dell'offerta sanitaria». Lo psicologo a scuola resta però l'immagine più forte: «insegnanti e famiglie hanno sempre più bisogno di supporto. La realtà è cambiata e certi fenomeni non sono più facilmente individuabili e gestibili senza l'aiuto di persone formate adeguatamente», sottolinea il presidente.
INDAGINE SULLA REALTÀ
E la realtà è cambiata al punto che il normale cittadino non solo vorrebbe che la ricerca nell'ambito della psicologia venisse finanziata dallo Stato, ma si dice - a sorpresa - anche disposto a partecipare alla spesa attraverso il pagamento di un ticket: a Padova il 38% degli intervistati sarebbe disposto a mettere mano al portafoglio; a Vicenza il 35% e nelle altre provincie non si scende sotto il 30%. Questa corsa all'esperto in stati d'animo, emozioni, a questo medico specializzato nell'indagine più profonda dell'animo umano è anche una delle tante facce di una società dove il culto del benessere non è più solo limitato all'aspetto fisico: «La gente vuole stare bene sopratutto con se stessa - osserva De Carlo - a prescindere dalle patologie. E anche il solo bisogno di parlare è una richiesta importante, che va affrontata con il giusto bagaglio di competenze».
Paolo Calia
© RIPRODUZIONE RISERVATA