La fiaba terrena di Pif in cerca della felicità

Venerdì 15 Marzo 2019
La fiaba terrena di Pif in cerca della felicità
Chissà che faremmo sapendo di avere poco più di un'ora e mezzo di vita: troveremmo il modo di salutare i nostri cari col rimpianto di non essere stati migliori oppure finiremmo per chiederci, come il protagonista Pif, se la luce del frigorifero si spegne veramente quando lo chiudiamo? Dai curiosi e divertenti flussi di pensieri che attraversano due libri di successo di Francesco Piccolo, Daniele Luchetti costruisce un film anomalo, malinconico e delicato al tempo stesso, che riflette non tanto sulla morte in sé, quanto sulla nostra incapacità di sentire i momenti di trascurabile felicità accanto alle persone che amiamo. Come l'indolente ingegnere Paolo, cui Pif presta la voce un po' lagnosa e volutamente straniante, uomo mediocre, pigro e un tantino infantile che si crogiola nelle sue scappatelle, tra partite a calcio in tv, figli che crescono e una moglie concreta e intelligente, Agata (Thony), che lo ama nonostante tutto. In una Palermo fiabesca dove la mafia non uccide né d'estate né d'inverno, Paolo è costretto a fare i conti con se stesso in una corsa contro il tempo che parla di tutti noi: noi che parcheggiamo in seconda fila incuranti degli altri, che ci spazientiamo in negozio, che ignoriamo la normale suddivisione dei compiti in famiglia, che diamo tutto per scontato. Solo finendo davanti ad un angelo un po' contabile, il bravo Renato Carpentieri, in un purgatorio che sembra un caotico centro smistamento, il povero Paolo-Pif si rende conto di aver perso troppi momenti. E rispedito in terra per un errore di calcolo, può finalmente fare ammenda in un ondivagare di attimi fuggenti tra passato e presente. Luchetti, che ha curato la sceneggiatura con Piccolo, segue con affetto il suo piccolo interno di famiglia a caccia di una felicità che nasce da piccoli gesti. Ma la sua surreale fiaba terrena che parte ricca di promesse (bello l'avvio con l'incidente, poetica la parentesi al mare), sembra poi trattenere il respiro, incapace di scavare davvero tra meschinità e ossessioni e di scrutare a fondo nelle pieghe di queste vite che sognano una seconda chance ma alla fine restano prigionieri dei luoghi comuni delle canzoni di Celentano. (Chiara Pavan)
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