Il Notturno di Rosi resta spesso al buio

Venerdì 18 Settembre 2020
Il Notturno di Rosi resta spesso al buio
Oggetto di polemiche prima e soprattutto dopo il verdetto della Giuria dell'ultima Mostra, il nuovo film di Gianfranco Rosi è il tentativo (mancato) di raccontare la guerra attraverso una astrazione dei gesti e dei luoghi del conflitto. Girato in tre anni ai confini tra Iraq, Siria, Kurdistan e Libano, Notturno è come un libro di storia di cui si ammira la copertina, ma che all'interno ha diverse pagine bianche e quelle scritte non aiutano. Rosi resta al di fuori della battaglia, protetto dai suoi scenari, dai suoi tramonti, più romantici che disperati, e dalle sue notti, dalle storie catturate per strada ma che sembrano sempre costruite, in quelle macerie abbandonate, in quei lampi di dolore e pianto di donne e bambini, dove l'emozione più intensamente si accende. La vera guerra appare altrove, in quella rappresentazione teatrale che si fa metafora, ancora restando al di qua di tutto, un po' come se i plotoni che si vedono all'inizio, in una delle scene più belle e potenti, continuassero a girare attorno al perimetro di quel campo senza uscirne mai. Notturno conferma ancora una volta come nel cinema di Rosi l'estetica prenda spesso il sopravvento. (adg)
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