Casalesi, pioggia di non ricordo tra i bancari

Martedì 30 Novembre 2021
ERACLEA
Prosegue la sfilata di bancari nell'aula bunker di Mestre, al processo sulle presunte infiltrazioni della camorra nel Veneto orientale. Ieri sono stati ascoltati tre funzionari che hanno prestato servizio in passato nella filiale di Jesolo del Monte dei Paschi di Siena, uno degli istituti con i quali aveva rapporti il presunto boss dei casalesi di Eraclea, Luciano Donadio.
I pm Roberto Terzo e Federica Baccaglini li hanno citati di fronte al Tribunale, presieduto da Stefano Manduzio, per dimostrare che Donadio si serviva di prestanome, oltre che di familiari, per amministrare una galassia di società. E che ad agevolarlo sono stati anche i funzionari di banca con i quali si rapportava, i quali accettavano di ricevere i suoi ordini per eseguire operazioni relative anche alle società nelle quali Donadio non aveva alcuna carica ufficiale. Una prassi confermata ieri in aula dai bancari, seppure tra tanti non ricordo e risposte al limite del reticente, stigmatizzate in più occasioni dai rappresentanti della pubblica accusa.
«NESSUN SUGGERIMENTO»
Ma non solo. L'avvocato Antonio Forza, che al processo difende un ex direttore dello stesso istituto bancario, ora accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, ha chiesto polemicamente a tutti i funzionari di sapere se, prima di presentarsi in aula, avessero ricevuto suggerimenti dai vertici della banca in merito alle dichiarazioni da rendere al Tribunale. Dalle risposte fornite è emerso che tutti i testimoni hanno avuto un colloquio con il responsabile delle Risorse umane dell'istituto bancario: «Ma soltanto per informare l'azienda dell'imminente deposizione e per sapere come sarebbe stata considerata l'assenza dal lavoro nella giornata trascorsa in Tribunale», hanno assicurato i funzionari. Nessun suggerimento sulle cose da dire o da non dire.
La difesa di Luciano Donadio, rappresentata dagli avvocati Renato Alberini e Giovanni Gentilini, ha proseguito anche ieri nel tentativo di dimostrare che Donadio non ha ricevuto alcun trattamento di favore da parte di Monte di Paschi di Siena, in quanto la stessa prassi veniva utilizzata anche per altri clienti che intrattenevano rapporti consolidati nel tempo. Evidenziando, inoltre, che si trattava sempre di operazioni per importi modesti e che spesso i vari movimenti da un conto all'altro servivano per tappare qualche scoperto: «Non giravano certamente grandi somme», ha dichiarato l'avvocato Alberini.
SEGNALAZIONI DIMENTICATE
Dalle deposizioni dei vari funzionari è emerso che i cassieri segnalarono alcune operazioni anomale, riconducibili anche a Donadio e ai suoi uomini, ma che tali segnalazioni non ebbero alcun esito da parte del direttore di filiale di allora. Dopo l'operazione che portò in carcere Donadio, in filiale si scoprì che il direttore custodiva una cartellina con tutte queste operazioni, di cui tutti i funzionari ascoltati ieri hanno dichiarato di essere stati in precedenza all'oscuro. Il processo proseguirà il 2 dicembre con l'audizione di altri bancari e di un investigatore della Guardia di Finanza che ha svolto accertamenti su questo fronte dell'inchiesta.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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