C'è una buona Italia a Berlino da Ligabue alle nostre periferie

Giovedì 20 Febbraio 2020
CINEMA
Qui in Potsdamer Platz, dove vive il cuore pulsante della Berlinale, è tutto un cantiere. Il grande centro commerciale che sfama brillantemente e in un tempo ragionevole migliaia di cinefili e accreditati è in restauro, la metropolitana funziona solo verso una direzione: trent'anni fa questa zona fu rivoluzionata modernamente, cercando di creare un polo architettonicamente all'avanguardia; poi la zona probabilmente non decollò e oggi vive soprattutto nei giorni del festival.
Per gli italiani il motivo principale di interesse di questa edizione è la presenza del nuovo direttore, il torinese Carlo Chatrian al posto di Dieter Kosslick, al timone del prestigioso festival internazionale tedesco da quasi un ventennio, un cambiamento che è sembrato opportuno e forse anche tardivo, perché l'idea era quella di un festival da tempo seduto e di un Concorso con interesse saltuario e sporadico. Invece il nuovo programma è stato salutato come più accattivante e la nuova sezione parallela Encounters (l'Orizzonti di qui) sembra più vicina alla linea radicale che Chatrian ha portato avanti per anni a Locarno.
LA PRESENZA
L'interesse per l'Italia comunque non si ferma al direttore. Due, quasi tre film in gara per l'Orso d'oro (l'ultimo a vincerlo fu Francesco Rosi con il controverso Fuocoammare, nel 2016), non sono male. Così riecco a Berlino i fratelli D'Innocenzo, che proprio qui, due anni fa, con La terra dell'abbastanza, il loro esordio, si fecero conoscere. Ora Damiano & Fabio tornano con Favolacce all'interno di una comunità di famiglie, dove rabbia e disperazione possono esplodere da un momento all'altro. Il trait d'union con l'altro film italiano in Concorso è Elio Germano, protagonista, oltre che di Favolacce, anche di Volevo nascondermi, che porta la firma di Giorgio Diritti: Il film è un biopic singolare sul pittore Ligabue, annunciato già in uscita da noi il 27 febbraio. Il (quasi) terzo film italiano, produzione a maggioranza e soprattutto perché il regista vive da tempo a Roma, è di Abel Ferrara, che con Siberia, ci porta dentro l'ennesimo viaggio visionario del suo cinema con Willem Dafoe protagonista.
L'Italia vive anche nelle sezioni minori: da Semina il vento del tarantino Danilo Caputo in Panorama a Palazzo di Giustizia della comasca Chiara Bellosi in Generation; da Faith della brindisina Valentina Pedicini in Critic's Week, fino all'omaggio a Matteo Garrone e al suo Pinocchio, al quale sarà dedicato uno Special Gala.
Il Concorso è una buona sintesi tra le urgenze più radicali del direttore e i nomi spendibili per un pubblico più vasto: si segnalano le presenze di Hang Sangsoo, Kelly Richardt, Rithy Panh, Philippe Garrel, Sally Potter, Christian Petzold e soprattutto Tsai Ming-Liang. Insomma tanti bei nomi, anche se tutti con un'idea di cinema molto personale, quindi probabilmente non sorprendente; a parte forse Petzold. Che qui due anni fa lasciò entusiasmo per Transit (La donna dello scrittore, in italiano). Si comincia stasera con My Salinger Year di Philippe Falardeau, sul mondo letterario newyorkese anni 90. Si chiude sabato 29, giorno bisestile.
Adriano De Grandis
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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