Le case di riposo sono Covid free resta il nodo sugli operatori no vax

Giovedì 4 Marzo 2021
IL QUADRO
TREVISO Le case di riposo della Marca sono Covid-free. Dal primo marzo non c'è più nemmeno un positivo, né tra gli anziani né tra gli operatori. I contagi sono progressivamente crollati dopo il 10 gennaio, quando si contavano ancora oltre 300 ospiti e più di 200 addetti colpiti dal coronavirus. La svolta è arrivata con l'avvio della campagna vaccinale anti-Covid. Nelle rsa sono già state somministrate 11.762 dosi. In 52 dei 54 centri servizi per non autosufficienti è stata completata l'intera profilassi, compresi i richiami previsti per Pfizer e Moderna. Ora si segue un protocollo stringente per tutti i nuovi ingressi: gli anziani entrano nelle case di riposo a fronte di un tampone con esito negativo, passano 14 giorni in isolamento in una stanza singola, con screening periodici, e poi vengono a loro volta vaccinati dall'Usl.
IL PERSONALE
In tutto ciò, però, emerge il nodo degli operatori delle strutture che hanno rifiutato il vaccino senza un valido motivo. I medici competenti di alcune rsa trevigiane li hanno già indicati come non più idonei a lavorare a stretto contatto con gli anziani. Tra gli altri casi, è accaduto nell'istituto Sartor di Castelfranco e nei centri della Prealpina, società che gestisce strutture per anziani tra Cavaso e Spresiano. I numeri non sono enormi. L'Usl indica un'adesione dell'84% tra gli operatori della rsa alla campagna vaccinale anti-Covid. Ma il problema si pone. L'inidoneità evidenziata dai medici non è totale. A cambiare sono le mansioni: chi non è vaccinato verrà dedicato ad altro, evitando un contatto diretto con gli anziani. Sulla questione, però, le case di riposo vanno in ordine sparso. All'Israa di Treviso al momento non sono previste limitazioni per chi ha rifiutato il vaccino anti-Covid. «Va considerato che c'è già un effetto di immunità di gregge: il 95% degli anziani è vaccinato, così come oltre il 90% degli operatori. Tra chi non si è vaccinato, poi, ci sono anche persone che non potevano farlo per problemi di salute specifica Giorgio Pavan, direttore dell'Israa i vaccini, inoltre, sono una cosa in più rispetto a tutti i dispositivi di protezione, che continuano a essere utilizzati esattamente come prima. Detto questo, ad oggi l'eventuale contagio di un operatore che non si è vaccinato viene considerato ancora come un infortunio sul lavoro».
L'AMBIGUITA'
Tradotto: bisogna decidere a livello generale se il vaccino anti-Covid è obbligatorio o meno per chi opera in ambiti sanitari e socio-assistenziali. E' ciò che viene messo in luce anche da Eddi Frezza, direttore dell'istituto Bon Bozzolla e di Casa Marani, oltre che componente del coordinamento dei direttori dei centri servizi per anziani della Marca: «L'unica cosa che può tagliare la testa al toro è decidere a livello nazionale». (m.fav)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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