L'ALLARME
TREVISO Prima di tutto un concetto semplice, ma non così scontato:

Giovedì 21 Giugno 2018
L'ALLARME
TREVISO Prima di tutto un concetto semplice, ma non così scontato: «Non è possibile passeggiare sopra le coperture di fibrocemento o di cemento amianto. Ci sono operai, anche esperti, che credono vi siano delle condizioni per farlo in sicurezza, ma non è così. E gli effetti sono sotto gli occhi di tutti». Il monito arriva dal numero uno dello Spisal di Treviso, il direttore Roberto Agnesi. Che il numero degli incidenti, anche mortali, legati al crollo di soffitti e in generale alle cadute dall'alto, negli ultimi 12 mesi, è vertiginosamente aumentato. «Fino a un anno e mezzo fa erano meno diffusi - ammette Agnesi -. Ora, complice la ripresa delle attività e la necessità per molte aziende di effettuare dei lavori di manutenzione, le cadute dall'alto si sono moltiplicate». Il motivo sarebbe legato a doppio filo al tipo di lavori effettuati: non interventi di lungo periodo che prevedono la presenza di ponteggi e cantieri fissi, facilmente controllabili, ma interventi molto veloci, anche di sole poche ore, che sfuggono all'occhio degli ispettori dello Spisal.
I NUMERI
Una chiave di lettura in più la fornisce la statistica. Che conferma il trend negativo della provincia di Treviso sul fronte sicurezza sul lavoro. Dall'inizio dell'anno nella Marca vi sono stati 7 incidenti mortali sul lavoro (il numero complessivo dei decessi è più alto, ma in questo dato vengono man mano esclusi i casi in cui la morte è sopraggiunta per cause naturali, ad esempio un infarto). Già questa cifra dice molto se si pensa che nell'intero 2017 erano stati 11 e l'anno prima, il 2016, solo 3. «Dobbiamo pensare però che fino a 10 anni fa il numero di vittime era mediamente di 20 all'anno - puntualizza Agnesi -. Quindi il miglioramento c'è e si vede, ma il trend, oltre alle ricadute, è sicuramente ancora troppo lento e bisogna fare di più». Quel che sorprende, tornando al tema delle cadute dall'alto, è che dei 7 incidenti mortali quasi la metà abbia riguardato proprio dei tecnici manutentori o degli operai saliti sul soffitto del capannone di turno per effettuare un lavoro di breve durata. Tre, per la precisione, i decessi avvenuti con queste modalità. Decisamente troppi se si pensa che si tratta di interventi considerati dagli stessi lavoratori non pericolosi. E forse proprio per questo più rischiosi di altri.
PERCEZIONE DEL RISCHIO
In campo entra dunque un altro aspetto, quello della percezione del rischio. «Si perché spesso chi viene coinvolto in questo tipo di incidente non è alle prime armi. Anzi, è esperto. Il problema è la percezione del controllo del rischio: si crede di poter gestire situazioni che invece sono ingestibili e possono costare, nel peggiore dei casi, la vita». Il problema dei tetti e delle coperture in fibrocemento (materiale che ha sostituito dall'inizio degli anni Novanta il cemento amianto, presente però ancora in molte coperture) è un altro capitolo ancora. Per molti il materiale introdotto è si atossico e sicuro rispetto all'amianto, ma più fragile. Sta di fatto che, dal punto di vista tecnico, anche sul vecchio eternit non è possibile camminarci sopra. «Il punto è proprio questo - conclude il direttore dello Spisal di Treviso -. In molte aziende manca la progettazione della sicurezza e le valutazioni per fare certi tipi di interventi. La priorità sono i sistemi di protezione collettiva: ad esempio, nel caso dei tetti, passerelle, parapetti e reti che impediscano di cadere. Se non ci sono le condizioni di installare questi dispositivi ci sono quelli individuali, come le imbragature. Ma anche le imbragature mica si mettono e ci si agganciano a caso. Serve un piano che preveda dove ci si ancora, l'eventuale spazio di caduta (minimo 4 metri) in caso di incidente, e altri requisiti ancora. Altrimenti mettere l'imbragatura non serve a niente».
Alberto Beltrame
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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