Il nuovo Tocai lancia la sfida al Covid: «Non ci arrendiamo»

Sabato 5 Dicembre 2020
Il nuovo Tocai lancia la sfida al Covid: «Non ci arrendiamo»
IL TAGLIO DEL NASTRO
TREVISO Il bancone è come quello degli anni Settanta. Stessa posizione, stessi materiali. La porchetta si affetta al coltello, i vovi duri attendono dietro la vetrinetta. È davvero il Tocai degli esordi, quello che ha accompagnato molte generazioni di trevigiani. Nonostante il Covid, nonostante le limitazioni imposte dal contenimento del contagio Alessandro Arboit, Alessandro Laurenzana e Alberto Zoppè hanno deciso di aprire. In barba all'epidemia. «Non possiamo sempre e solo protestare, dobbiamo essere propositivi» esordisce Arboit.
LA TRADIZIONE
Così ecco che un nuovo luogo della tradizione prende vita. «Il locale sarà aperto dalla mattina con le colazioni fino al post-cena (Covid permettendo), offriamo una cucina genuina, fatta di pasta e gnocchi freschi, piatti della tradizione trevigiana e cichetteria classica- spiega Zoppè - senza dimenticare che vogliamo offrire un'occasione di ritrovo per le diverse generazioni che sono passate e passeranno a tocai, dando attenzione anche alla qualità degli aperitivi ed ai cocktail del dopocena». Al taglio del nastro ieri sera alle 17 (il nuovo orario dell'aperitivo trevigiano) anche il sindaco Mario Conte, vice De Checchi e l'assessore all'ambiente Alessandro Manera. «Brindo ai trevigiani che non si arrendono e ad una nuova attività che con speranza riprende vita» commenta il sindaco. «Nel momento più difficile per il settore abbiamo operato un importante restauro del locale, rinnovato totalmente dal punto di vista estetico, ma nel pieno rispetto dei canoni della tradizione delle osterie, vogliamo che l'anima di Tocai venga rispettata, molti trevigiani sono cresciuti qui dentro» ha voluto sottolineare Alessandro Arboit.
IL DIBATTITO
Ma l'argomento del giorno era l'appello del Prefetto Maria Rosaria Laganà ai gestori per chiedere ai clienti di consumare in velocità e non trattenersi in chiacchiere nei locali. «Mi spiace dirlo ma chi ci chiede una cosa del genere non solo non conosce il nostro lavoro, ma ignora anche quello che legalmente possiamo fare come professionisti». Arboit è fermo sul punto. «A prescindere dal mio pensiero personale, che è ovviamente quello che il cliente sceglie il locale per poter trascorrere qualche mezz'ora in compagnia, noi non facciamo i vigili urbani e non siamo deputati a controllare quanto tempo un cliente trascorre nel locale». Sulla falsariga del pensiero di Arboit anche molti esercenti trevigiani. «Voglio prenderla come una boutade- sorride Stefano Zanotto di Arman-non posso pensare che davvero sia una indicazione da prendere sul serio. La gente viene in un locale per stare bene insieme agli altri. Se deve solo mangiare o bere sta a casa propria». Sulla stessa lunghezza d'onda Marco Renosto dei Naneti. «Noi di fatto già cerchiamo di scoraggiare le soste troppo prolungate. Però, detto questo, se il locale non è il luogo in cui puoi rilassarti un momento è meglio chiudere tutto, decretare il lockdown e far arrivare i ristori. Mi pare sia ora di smetterla di additarci come untori». Elena Filini
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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