IN PROCURA
PADOVA Sono le 10.36 di ieri mattina quando Mohamed Barbri esce dal

Sabato 25 Gennaio 2020
IN PROCURA
PADOVA Sono le 10.36 di ieri mattina quando Mohamed Barbri esce dal furgone blindato della Penitenziaria nel piazzale della procura di Rovigo. Capello curato, barba rasata, come non si era mai visto da quando sua moglie, Samira El Attar, è scomparsa. E lui, su cui pende la terribile accusa di averla uccisa e di essersi sbarazzato del suo cadavere, ha percorso sorridente i pochi metri e la rampa di scale del tribunale polesano che lo separavano dall'aula in cui avrebbe incontrato il giudice per le indagini preliminari, che 10 giorni prima ne aveva disposto l'arresto con custodia cautelare in carcere. L'avvocato difensore, Daniele Pizzi, spiega che l'espressione di Mohamed non è beffarda o sprezzante, come avrebbe potuto apparire sulle prime, ma è quella di un uomo che pensava che dopo l'interrogatorio sarebbe uscito di cella. Sì, perché davanti al Gip il marito di Samira ha professato la sua innocenza: «Voglio mia moglie, io non ho fatto niente» ha ripetuto un paio di volte nel suo italiano stentato al giudice Raffaele Belvederi.
L'UDIENZA
Nell'aula C della procura rodigina, il marocchino, che ha compiuto 41anni martedì, mentre era dietro le sbarre di una cella del carcere di Madrid, ci è rimasto esattamente 54 minuti. Poi, con le manette strette ai polsi e ancora quel sorriso che all'uscita dall'aula somigliava più a una smorfia, scortato dagli agenti della Penitenziaria, è stato fatto risalire nel cellulare blindato che l'ha riportato nel carcere di Rovigo.
Un interrogatorio di garanzia veloce. È arrivata nuova documentazione che né l'indagato né il suo avvocato hanno potuto studiare. Quindi il legale di Mohamed gli ha consigliato di avvalersi della facoltà di non rispondere. E così il marocchino ha fatto, rilasciando, però, alcune dichiarazioni spontanee.
Dopo aver ribadito con tutte le sue forze di essere innocente e innamorato di sua moglie, ha spiegato che quella in Spagna non era una fuga. E per avvalorare la sua tesi, ha portato delle prove: un volantino scritto in spagnolo e un biglietto a suo nome, da Madrid all'Italia, per un Flixbus. Lo stesso mezzo che aveva utilizzato per andare all'estero la mattina di capodanno.
LE PROVE
Il volantino lo aveva in tasca quando la Brigada móvil della Policía nacional spagnola l'ha fermato lunedì 13 gennaio, poco dopo le 10, alla Stazione Sud della capitale iberica. Sul foglietto c'è la foto della consorte e due parole: «Buscar Samira», cercare Samira. Si tratta di un volantino, trovato dagli agenti spagnoli il giorno che l'hanno perquisito, che Mohamed ha spiegato voler affiggere lungo le strade di Barcellona e Madrid per chiedere aiuto a chiunque avesse visto sua moglie.
Poi c'è il biglietto di ritorno che avrebbe acquistato assieme a quello di andata la mattina di Capodanno. Davanti al giudice l'indagato ha presento la copia della stampata dell'avvenuto pagamento del ticket per un pullman da Madrid a Milano in partenza alle 11.40 del 13 gennaio dalla stazione Sud della capitale spagnola, ovvero il luogo dove proprio quel giorno è stato fermato e portato in cella dalla polizia sulla base del mandato d'arresto internazionale firmato giusto quella mattina dal Gip rodigino.
LA DECISIONE
In ogni caso nulla da fare: nulla di tutto quel che ha detto ha modificato la sua posizione. Il giudice ha convalidato l'arresto e confermato la custodia cautelare in carcere.
Capito che non sarebbe tornato a casa, ma in cella, Barbri si è rivolto al suo avvocato, chiedendogli notizie della figliola che la mattina di capodanno, alle 7.30, mentre lei era ancora intorpidita dal sonno, ha abbracciato un ultima volta e poi affidato alle cure della nonna materna. Barbri a quel punto ha inforcato la sua bicicletta, ha raggiunto pedalando la stazione di Monselice, quindi ha preso un treno diretto a Bologna. Dal capoluogo emiliano è arrivato con un altro treno a Milano e da qui è partito con un Flixbus notturno per Barcellona, dove è giunto nel pomeriggio del 2 gennaio. È stato ritrovato a Madrid 11 giorni dopo. Il prossimo appuntamento con la giustizia per lui sarà martedì quando, secondo il suo avvocato, «dovrà dire cose fondate».
Marina Lucchin
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci