L'IMPRENDITORE
PIEVE DI CADORE «Stiamo soffrendo tanto, tutti. Ma temo che in autunno sarà anche peggio, con aziende che rischieranno seriamente la chiusura. Gli ordini sono azzerati e i pagamenti molto rallentati: di conseguenza, in questo momento, i margini per rialzarsi sono veramente risicati. Attendiamo fiduciosi che i mercati internazionali riaprano e che i consumi ricomincino a viaggiare». In quasi 40 anni di attività, l'imprenditore cadorino Armando Baldovin ne ha visti di momenti duri. «Ma mai di questo spessore - sottolinea - c'è veramente da aver paura per le sorti dell'economia.
LA SITUAZIONE
Baldovin è alla guida di due realtà - la Vibi New Tecnocolor e la Stilitaly - che a Tai di Cadore impiegano un centinaio di dipendenti: «Attualmente siamo a scartamento ridotto: un 40% delle maestranze lavora e le restanti sono in cassa integrazione. Dopo aver smaltito tutto il possibile in permessi e ferie, questa è la situazione. Mi spiace per i miei dipendenti ma non ci sono alternative. Una pandemia, sinceramente, proprio non ce l'aspettavamo. E di certo non ci voleva. È stata la causa della chiusura dei mercati, soprattutto quelli statunitense ed europeo che sono i nostri principali interlocutori». Baldovin ricorda come nel corso della sua lunga carriera non abbia mai visto nulla di tutto ciò: «Periodi di crisi non sono mai mancati, ma una tale furia globale non si era mai manifestata. Sinceramente, pensando a ciò che sta succedendo, a volte non trovo nemmeno le parole per esprimere un commento. Non ci resta che attendere che l'emergenza sanitaria passi e che ripartano le esportazioni e i consumi. Ma ad occhio penso serviranno ancora 4-6 mesi prima che si possa registrare qualche piccolo passo in avanti».
IL PASSATO
Baldovin fa parte della gloriosa generazione di titolari di laboratori e aziende dell'occhialerie che tanto lustro hanno dato al Cadore. Le sue aziende si occupano di produzione di occhiali nonché di galvanica e verniciatura: «Fino a una ventina di anni fa eravamo circa 150. Oggi, nei vari paesi del comprensorio, mi sa che siamo rimasti una quindicina. Del resto l'abitudine delle grosse ditte di assegnare a noi terzisti parte delle lavorazioni si è assottigliata a favore di intere forme di delocalizzazione. Per cui a imprenditori come il sottoscritto sono rimasti solo 1-2 clienti. E se questi iniziano a frenare è facilmente comprensibile come, a cascata, si rallenti pure noi. È come se, sotto un terribile incantesimo, tutto si sia fermato. A partire dai consumi. Del resto, a essere obiettivi, come dar torto a una famiglia in piena incertezza economica se a un paio di occhiali nuovi preferisce alimenti o semplicemente una forma di risparmio?». A dimostrazione di ciò la testimonianza di un amico ottico di Baldovin: «Mi racconta come negli ultimi mesi sia tornata la richiesta di aggiustare le montature. Anche con colla o nastro adesivo, purché l'occhiale possa avere una seconda vita. Una prospettiva che solo a inizio anno era distante anni luce dalla realtà». (r.g.)
© RIPRODUZIONE RISERVATA PIEVE DI CADORE «Stiamo soffrendo tanto, tutti. Ma temo che in autunno sarà anche peggio, con aziende che rischieranno seriamente la chiusura. Gli ordini sono azzerati e i pagamenti molto rallentati: di conseguenza, in questo momento, i margini per rialzarsi sono veramente risicati. Attendiamo fiduciosi che i mercati internazionali riaprano e che i consumi ricomincino a viaggiare». In quasi 40 anni di attività, l'imprenditore cadorino Armando Baldovin ne ha visti di momenti duri. «Ma mai di questo spessore - sottolinea - c'è veramente da aver paura per le sorti dell'economia.
LA SITUAZIONE
Baldovin è alla guida di due realtà - la Vibi New Tecnocolor e la Stilitaly - che a Tai di Cadore impiegano un centinaio di dipendenti: «Attualmente siamo a scartamento ridotto: un 40% delle maestranze lavora e le restanti sono in cassa integrazione. Dopo aver smaltito tutto il possibile in permessi e ferie, questa è la situazione. Mi spiace per i miei dipendenti ma non ci sono alternative. Una pandemia, sinceramente, proprio non ce l'aspettavamo. E di certo non ci voleva. È stata la causa della chiusura dei mercati, soprattutto quelli statunitense ed europeo che sono i nostri principali interlocutori». Baldovin ricorda come nel corso della sua lunga carriera non abbia mai visto nulla di tutto ciò: «Periodi di crisi non sono mai mancati, ma una tale furia globale non si era mai manifestata. Sinceramente, pensando a ciò che sta succedendo, a volte non trovo nemmeno le parole per esprimere un commento. Non ci resta che attendere che l'emergenza sanitaria passi e che ripartano le esportazioni e i consumi. Ma ad occhio penso serviranno ancora 4-6 mesi prima che si possa registrare qualche piccolo passo in avanti».
IL PASSATO
Baldovin fa parte della gloriosa generazione di titolari di laboratori e aziende dell'occhialerie che tanto lustro hanno dato al Cadore. Le sue aziende si occupano di produzione di occhiali nonché di galvanica e verniciatura: «Fino a una ventina di anni fa eravamo circa 150. Oggi, nei vari paesi del comprensorio, mi sa che siamo rimasti una quindicina. Del resto l'abitudine delle grosse ditte di assegnare a noi terzisti parte delle lavorazioni si è assottigliata a favore di intere forme di delocalizzazione. Per cui a imprenditori come il sottoscritto sono rimasti solo 1-2 clienti. E se questi iniziano a frenare è facilmente comprensibile come, a cascata, si rallenti pure noi. È come se, sotto un terribile incantesimo, tutto si sia fermato. A partire dai consumi. Del resto, a essere obiettivi, come dar torto a una famiglia in piena incertezza economica se a un paio di occhiali nuovi preferisce alimenti o semplicemente una forma di risparmio?». A dimostrazione di ciò la testimonianza di un amico ottico di Baldovin: «Mi racconta come negli ultimi mesi sia tornata la richiesta di aggiustare le montature. Anche con colla o nastro adesivo, purché l'occhiale possa avere una seconda vita. Una prospettiva che solo a inizio anno era distante anni luce dalla realtà». (r.g.)