Lo Stato sequestra le case al boss cinese, ma nessuno paga le spese condominiali

Domenica 11 Giugno 2023 di Alberto Francesconi
Il condominio di via Piave a Mestre e Keke "Luca" Pan

MESTRE - Quegli immobili - otto appartamenti e due negozi all’inizio di via Piave ex salotto buono di Mestre ora in preda al degrado e allo spaccio - dovevano rappresentare il simbolo del riscatto dello Stato contro il malaffare. Un fiore all’occhiello per l’amministrazione centrale, che dopo avere confiscato gli alloggi al suo proprietario, il boss cinese Keke “Luca” Pan finito nei guai per sfruttamento della prostituzione e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, nel 2013 li aveva assegnati al Comune perché ospitassero diverse attività a fini sociali.

L’EPILOGO
È andata a finire che appartamenti e negozi sono inutilizzati da anni: solo per un breve periodo il Comune ne ha occupati un paio per destinarli alle Politiche sociali e alle associazioni d’arma.

In compenso lo Stato, che ne risulta proprietario, non paga le spese condominiali da anni e l’amministratore del complesso, Tarcisio Conte, si trova ora a gestire un “rosso” da 162mila euro.

Un epilogo sconfortante per una vicenda cominciata nel dicembre del 2012, quando la Procura veneziana fece scattare le manette all’imprenditore cinese Keke “Luca” Pan, titolare di decine di appartamenti e negozi in quella che all’epoca era una vera Chinatown nei pressi della stazione di Mestre. Tutto, nel quartiere, passava per le sue mani: attività lecite e meno lecite che avevano dato origine a una complessa inchiesta conclusa in tempi ragionevolmente brevi per la giustizia con il processo e la condanna. L’uomo era stato accusato di una serie di reati per i quali, tre anni dopo, era stato condannato in appello a cinque anni e sei mesi di reclusione. Nel frattempo dieci delle sue proprietà immobiliari nel condominio di via Piave 161 erano state confiscate e affidate al Comune. Il riscatto dello Stato, si diceva, come avvenuto per la villa di Felice Maniero a Campolongo Maggiore.

Solo che, dopo qualche anno, il Comune ha smesso di utilizzare quegli immobili e allo stesso tempo di pagare le spese condominiali, rimaste a carico dell’Erario. «Il problema - spiega l’amministratore - è che lo Stato ha smesso di pagare nel 2019, e nonostante ripetuti solleciti non è stato possibile recuperare le somme pregresse. Finora l’Erario ha risposto picche, mentre qui dobbiamo chiudere i conti dell’esercizio 2022». 
Di alcuni debiti, come prescrive del resto il Codice civile, si sono fatti carico gli altri condòmini, ai quai fra l’altro sarebbero anche stati addebitati i costi del riscaldamento centralizzato che riguarda anche gli appartamenti rimasti vuoti. «L’unica speranza - prosegue Tarcisio Conte - è che lo Stato si decida a vendere gli immobili di sua proprietà e che la situazione debitoria che ora ammonta a 162mila euro venga sanata».

IL DEGRADO
Nel frattempo, com’è noto, la situazione in via Piave è peggiorata: se prima, nel bene e nel male, nel quartiere dettava legge l’imprenditore cinese (che nel frattempo risulta trasferito in Lombardia, dopo un periodo trascorso agli arresti domiciliari), dopo la sua uscita di scena l’area è stata occupata da altri gruppi stranieri: nigeriani e tunisini nei confronti dei quali non è bastato il maxi-blitz delle forze dell’ordine del luglio 2018 per ristabilire l’ordine pubblico. Risale a pochi giorni fa una nuova operazione dei Carabinieri con 26 misure cautelari, con le altre forze dell’ordine impegnate notte e giorno a presidiare il quartiere, divenuto una delle principali piazze di spaccio del Nordest. Tutto sotto le finestre di quegli appartamenti dello Stato, vuoti e inutilizzati.
 

Ultimo aggiornamento: 08:08 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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