Dovrà risarcire il Comune l'ex vigile coinvolto nell'inchiesta del boss cinese

Mercoledì 16 Gennaio 2019
Dovrà risarcire il Comune l'ex vigile coinvolto nell'inchiesta del boss cinese
CAVARZERE
Confermata in appello la condanna per danno erariale di Iosè D'Angelo, il cinquantaseienne di Cona che, in qualità di agente scelto della Polizia locale del Comune di Cavarzere, rimase coinvolto nel 2013 nell'inchiesta sul boss cinese di Mestre, Luca Keke Pan, e definì la sua posizione, due anni più tardi, patteggiando in sede penale due anni di reclusione per corruzione e associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
La sezione giurisdizionale centrale della Corte dei Conti, in grado di appello, lo ha condannato a pagare al Comune di Cavarzere, la somma di 43 mila euro, a titolo di risarcimento per il danno all'immagine e per il danno da disservizio provocati alla pubblica amministrazione.
IL PRIMO GRADO
La sentenza di primo grado, emessa nel 2016 dai giudici erariali di Venezia, era stata impugnata da D'Angelo che, assistito dagli avvocati Ferdinando Bonon e Federica Scafarelli, ne chiedeva l'annullamento, o quantomeno la riduzione dell'importo da risarcire.
All'ex vigile urbano di Cavarzere, licenziato dal Comune successivamente al suo coinvolgimento nell'inchiesta penale, veniva contestato di aver omesso i dovuti controlli nel corso di sopralluoghi effettuati in alcune abitazioni occupate da immigrati stranieri, ospitati dal boss cinese, a Cavarzere, in cambio di rapporti sessuali con prostitute offertegli gratuitamente proprio da Keke Pan. A causa di queste omissioni, le violazioni delle norme sull'immigrazione furono scoperte soltanto a distanza di anni.
LA DIFESA
Nel corso del giudizio, D'Angelo ha evidenziato il suo ruolo marginale nell'inchiesta sul boss cinese di via Piave. Ma i giudici romani hanno condiviso le motivazioni della sentenza di primo grado, nella quale fu evidenziata la gravità del comportamento illecito tenuto dal pubblico dipendente, idoneo «ad aver determinato un danno all'immagine dell'amministrazione», il cui prestigio e reputazione sono stati sicuramente lesi per sua colpa.
La sezione centrale della Corte dei conti ha ritenuto giustificata anche la condanna a rifondere il danno da disservizio in quanto lo stesso ex vigile urbano ammise di aver effettuato «controlli compiacenti», facendo finta di non accorgersi che le persone che doveva verificare non erano effettivamente e stabilmente residenti sul posto.
Gianluca Amadori
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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