L'ebraismo colto e cosmopolita di Amos Luzzatto

Amos Luzzatto

Lunedì 9 Ottobre 2023 di Alberto Toso Fei
Amos Luzzatto nel ritratto di Bergamelli

VENEZIA - Nacque in una famiglia di antica tradizione ebraica, e a dieci anni fu cacciato da scuola in seguito alle leggi fasciste sulla "difesa della razza"; costretto a emigrare in Palestina con la madre e i nonni materni (il nonno, Dante Lattes, fu uno dei principali esponenti della cultura ebraica italiana del Novecento), rientrò in Italia dopo la fine della guerra e in quello stesso anno, il 1946, si iscrisse al partito comunista.

LA STORIA

Ma l'orientamento politico di Amos Luzzatto, destinato a emergere sempre nei suoi scritti e nelle sue azioni, non gli impedì di avere una visione ampia ed equilibrata del mondo, anche - a maggior ragione - quando fu eletto presidente dell'Unione della Comunità ebraiche italiane per due mandati, dal 1998 al 2006, e in questa sua veste si assunse la responsabilità di accompagnare il politico di destra Gianfranco Fini nella sua storica visita allo Yad Vashem di Gerusalemme, dove l'ex leader di Alleanza Nazionale pronunciò parole inequivocabili di condanna del fascismo.

Ma Luzzatto fu soprattutto un grande intellettuale della questione ebraica, autore di numerosi scritti portatori di un pensiero moderno ed equilibrato, calato nel mondo e nei suoi problemi, aperto a orizzonti di speranza nel futuro dell'Europa e del mondo.

E prima ancora fu un chirurgo, impegnato per più di quarant'anni in svariati ospedali - tra Asti e Dolo - finché scelse Venezia come sua casa (fu anche presidente della comunità ebraica lagunare).


Perché veneziana fu sua moglie, Laura Voghera, con la quale ebbe i figli Alisa, Gadi e Michele.
Nato a Roma il 3 giugno 1928 da Leone Michele Luzzatto e da Emilia Lina Lattes, nella sua vita dovette fare ben presto i conti con i drammi della sua epoca. Il padre, attivo nel partito socialista, subì le violenze delle squadracce fasciste e prima che ogni cosa precipitasse nell'orrore della guerra, delle deportazioni e dello sterminio di massa riuscì a trasferire la famiglia nella Palestina del Mandato Britannico, dove Amos crebbe tra Tel Aviv e Gerusalemme. Tornato in Italia divenne chirurgo, ma nel contempo fu molto attivo in politica ricoprendo incarichi pubblici tanto per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria che per il PCI. Fu scrittore, saggista, professore universitario; manifestò un grande impegno nel dialogo ebraico-cristiano e nella vita delle Comunità ebraiche italiane, divenendo nel giugno del 1998 presidente dell'Unione che le raccoglie, con una riconferma nel 2002 per un altro quadriennio.

Luzzatto sostenne sempre un ebraismo cosmopolita (ma mai dimentico delle sue radici) e non ebbe paura di esporsi al dialogo. Nel 2003, in una sua opera - "Il posto degli ebrei" - scrisse: "L'Europa deve essere aperta e inclusiva delle culture e delle confessioni . Se l'Europa deve aspirare a essere un fenomeno nuovo che nasce all'insegna del superamento di un passato di sopraffazioni, di lacrime e di sangue, allora deve essere soprattutto la patria di tutti coloro che la abitano e che intendono abitarla, portandovi una sintesi tra culture, religioni, lingue e costumi di vita diversi, all'insegna del rispetto reciproco".
Fedele alla sua cultura politica e attento indagatore dell'ebraismo da una posizione non ortodossa ("Sinistra e questione ebraica", "Oltre il ghetto", "Storia degli ebrei d'Italia", "Leggere il Midrash" sono altri titoli delle sue opere), Amos Luzzatto fu attivamente impegnato nella difesa dei diritti umani e contro il razzismo e i populismi, e si sforzò di porre al centro di ogni sua azione temi quali la laicità dello Stato, la democrazia, i diritti delle minoranze, il ripudio della violenza, la promozione della cultura. "L'Europa ha avuto la filosofia, il teatro, l'arte, la matematica e la scienza - scrisse ancora-. E voglio e devo capire perché ha avuto anche le Crociate, l'Inquisizione, i roghi, la tratta degli schiavi dall'Africa, il nazismo».
Mentre era presidente dell'Unione, si tenne a Roma il primo gay pride italiano: vincendo le resistenze di molti altri, sostenne senza indugi il diritto irrinunciabile degli omosessuali a manifestare pacificamente, quando e dove avessero voluto, nel rispetto della legge, ricordando l'eguale trattamento subito ad Auschwitz: "noi con il triangolo giallo, voi con il triangolo rosa". Amos Luzzatto morì a Venezia il 9 settembre 2020. È sepolto nel cimitero ebraico del Lido.

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