MESTRE - Dopo aver visto tanti colleghi portuali morire per quel tumore legato all'esposizione all'amianto, si era ammalato anche lui. Stessa neoplasia, che dopo qualche mese lo aveva portato alla morte, due anni e mezzo fa. Ora il Tribunale di Venezia ha condannato l'Autorità di sistema portuale a risarcire con 124 mila euro le figlie di un anziano ex dipendente, che per anni si era occupato di sbarco e imbarco delle merci (tra cui i sacchi di amianto) fra la Marittima e Porto Marghera.
Il fatto
Un'altra storia dolorosa legata a questa sostanza altamente cancerogena, alla sua pericolosità, alle mancate precauzioni per i lavoratori, alle loro tragiche conseguenze.
Assistite dall'avvocato Matteo Pasqualato, le tre figlie dell'uomo sono ricorse al Tribunale del lavoro. Il giudice Chiara Coppetta Calzavara ha depositato la sentenza nei giorni scorsi. Accogliendo la richiesta delle figlie, il giudice «dichiara che la patologia patita in vita» dall'uomo «e che ne ha causato la morte è ascrivile alla responsabilità del Provveditorato al Porto». Una sentenza che offre uno spaccato della vita dei portuali in quegli anni lontani, ricostruendo, sulla base di tante testimonianze raccolte nel corso di varie cause, come venivano trattati i carichi di amianto: trasportati senza troppe cautele, capitava che i sacchi si rompessero sporcando i lavoratori, altre volte venivano usati come giacigli nelle pause di lavoro. Da parte del Porto nessuna precauzione per i lavoratori, nonostante la «conoscenza della pericolosità dell'amianto fosse già diffusa all'epoca» annota la giudice.
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