Uccisa dall'amianto perché abbracciava il padre con la tuta da operaio Ditta condannata a risarcire 700mila euro

Ditta condannata a risarcire 700mila euro alla famiglia

Venerdì 10 Febbraio 2023 di Gianluca Amadori
Lavava gli indumenti del padre operaio: muore a 57 anni per avere inalato amianto Ditta condannata a risarcire 700mila euro

VENEZIA - Una donna veneziana, residente a Castello, si è ammalata di mesotelioma pleurico a causa del contatto con le polveri di amianto presenti sulla tuta da lavoro del padre, che era solita abbracciare da bambina quando il genitore rientrava a casa. E ora, a cinque anni di distanza dalla sua morte, avvenuta nel 2017, all’età di 57 anni, la Corte d’appello civile di Venezia ha condannato l’azienda per la quale aveva lavorato il genitore a versare ai suoi familiari poco meno di 700 mila euro, a titolo di risarcimento per il danno sofferto.
La sentenza, depositata nei giorni scorsi, ha accolto l’appello presentato dal legale dei familiari della vittima, l’avvocato Enrico Cornelio, dopo che il Tribunale, in primo grado, aveva rigettato le sue richieste, sostenendo che non era dovuto alcun risarcimento. A dover pagare l’ingente somma, oltre agli interessi e alle spese di lite - a favore di marito, figli e sorella - è stata condannata una società con sede in provincia di Padova, la Edilit srl.

L’AZIENDA
Il padre della vittima, infatti, aveva prestato servizio per una quindicina di anni alle dipendenze della Prodotti Cemento amianto spa, con sede a Vigodarzere, poi fusa nella Edilit spa, e infine trasformatasi in Edilit srl, la quale produceva manufatti in cemento e amianto.
L’uomo, che all’epoca conviveva con la moglie e le figlie, quotidianamente portava a casa il proprio indumento di lavoro, una tuta sempre molto impolverata, e le tre donne si occupavano di spolverarla e di lavarla quando necessario, venendo così in contatto con le fibre di amianto.
Dopo aver scoperto di essere ammalata di mesotelioma pleurico, un tumore provocato dalla prolungata esposizione all’amianto, la donna decise di avviare una causa civile nei confronti della Edilit srl per chiedere il risarcimento di ogni danno morale, materiale, biologico, emergente e da lucro cessante da lei subito.

Ma nel 2017 il tumore la portò alla morte e l’iniziativa giudiziaria è stata riassunta dai suoi familiari.

Edilit, patrocinata dall’avvocato Marco Quagliato, si è costituita a giudizio contestando tutte le richieste e respingendo gli addebiti mossi dall’avvocato Cornelio. Nel 2019 il tribunale di Venezia diede ragione all’azienda, sostenendo che non era provato il nesso di causa tra il decesso e l’esposizione all’amianto.
La Corte d’appello ha però ribaltato la decisione: è pacifico che la donna inalò le fibre d’amianto depositate sugli indumenti di lavoro del padre, mentre ne curava le pulizie, fino all’età di 18 anni, come dimostrato dai vari testimoni ascoltati nel corso della causa. La donna, casalinga, non ha mai più svolto lavori a contatto con l’amianto e il mesotelioma pleurico ha iniziato a manifestare i suoi sintomi 40 anni più tardi, secondo il periodo di latenza che contraddistingue questa malattia. I giudici hanno poi accertato che, prima del 1992, le misure adottate dall’azienda per l’abbattimento delle polveri di amianto non erano idonee. La decisione della Corte d’appello potrà ancora essere impugnata di fronte alla Corte di Cassazione.

Ultimo aggiornamento: 17:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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