La mafia cancellata e il paradosso dell'ex sindaco «condannato per mafia»

Le conseguenze di una decisione che le difese vedono come un punto contro la tesi dell'associazione per delinquere

Mercoledì 8 Febbraio 2023 di Maurizio Dianese
Il processo in aula bunker
MESTRE - Luciano Donadio può tornare a bersi il caffè al bar Udinese, come faceva ogni mattina fino al 19 febbraio 2019, il giorno dell'arresto. E chissà se farà la spola tra il bar Udinese e la piazza dove fino a quattro anni fa il figlio Adriano gestiva il centro scommesse Snai, come faceva ai vecchi tempi o se ne starà rintanato in casa, nella villetta di via Sarpi che ha costruito con le sue mani. Certo è che la sua liberazione suona strana per chi ha sempre pensato che Donadio fosse a capo del clan dei casalesi, mentre chi non ha mai creduto alla mafia in Veneto Orientale percepirà questa liberazione di Donadio come un anticipo della sentenza del processo in corso in aula bunker a Mestre.
Se Donadio è stato rimesso in libertà, infatti, apparentemente significa che non è più pericoloso. Non è così, ma il provvedimento che libera Donadio è talmente clamoroso che va preso con le pinze e studiato con attenzione. Partiamo dalle certezze: gli avvocati difensori di Luciano Donadio hanno fatto i conti dei tempi della carcerazione e sono arrivati alla conclusione che il 4 febbraio Donadio doveva per forza essere liberato. Punto. C'è da dire che altri avvocati hanno fatto conti diversi, ma questo poco importa. Il Tribunale presieduto da Stefano Manduzio dice invece che il conteggio fatto dai difensori di Donadio, Renato Alberini e Giovanni Gentilini, è sbagliato, ma ciò non toglie che gli imputati principali di questo processo, avendo già passato 4 anni in carcere abbiano tutto il diritto di attendere la sentenza da uomini liberi. Anche perché, aggiunge il Tribunale, il processo è ormai alle fasi finali e mancano pochi mesi alla sentenza. Tradotto in italiano vuol dire questo: io Tribunale comunque fra qualche giorno avrei dovuto scarcerarli tutti e dunque prendo la palla al balzo del ricorso fatto dai difensori di Donadio e li libero. Tanto, gli faccio fare solo qualche giorno in meno di galera e, decidendo in favor rei faccio in modo che gli avvocati difensori non possano dire che non ho un occhio di riguardo per i diritti degli imputati. Se è giusto questo ragionamento, il Tribunale scarcera gli imputati semplicemente perché non ne può fare a meno.
Da qui in poi, però arrivano i problemi perché Donadio ha l'obbligo di dimora a Eraclea, cioè nel posto dove ha commesso, secondo l'accusa, reati di ogni tipo, dall'estorsione al prestito a strozzo, dalle rapine alle truffe. Robetta che messa in fila gli costerà un bel po' di anni di sole a scacchi. Ma il punto è sull'associazione a delinquere di stampo mafioso, non sui singoli reati. È l'associazione a delinquere di stampo mafioso infatti che moltiplica le pene e costringe i condannati al carcere duro, l'ormai famoso 41bis. Ecco perché da sempre gli avvocati difensori puntano quasi esclusivamente su questo e cioè sullo smantellamento dell'associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma, per tornare al punto, averlo scarcerato non significa automaticamente che non è un mafioso; ma se è un mafioso, non è pericoloso averlo rimandato a Eraclea? E c'era una alternativa? Poteva cioè il giudice decidere che Donadio poteva stare ovunque fuorché a Eraclea? Sì, poteva, ma non aveva neppure molto senso complicare la vita a Donadio e alle forze dell'ordine visto che mancano pochi mesi alla sentenza di condanna di Donadio. Forse anche per associazione a delinquere di stampo mafioso.
Certo è, però, che di fatto averlo rimandato a casa sua è un pessimo segnale per Eraclea, se non altro perché, con Donadio in libertà, torneranno a farsi sentire quelli come l'ex sindaco Graziano Teso che, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, da sempre sostiene che la mafia nel Veneto Orientale non è mai esistita. Ha ragione? Si vedrà quando si arriverà alla sentenza di questo processo. Certo se Donadio venisse assolto dall'accusa di aver messo in piedi una associazione a delinquere di stampo mafioso, si creerebbe il cortocircuito di un condannato come Graziano Teso che deve scontare la pena per aver fatto parte di una associazione a delinquere di stampo mafioso che, semplicemente, non esiste.
Ultimo aggiornamento: 17:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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