La strage dei ragazzi a Jesolo: «8 anni per il pirata». I parenti: troppo poco

Martedì 7 Luglio 2020 di Gianluca Amadori
La strage dei ragazzi a Jesolo: «8 anni per il pirata». I parenti: troppo poco
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JESOLO - Otto anni di reclusione per aver provocato la morte di quattro ragazzi appena ventiduenni, la cui vettura fu speronata al rientro da un sorpasso e finì fuori strada, nelle acque del canale che costeggia via Pesarona, a Ca' Nani di Jesolo, nella notte tra il 13 e il 14 luglio dello scorso anno. 

La Procura di Venezia ha chiesto ieri la condanna di Marius Alin Marinica, l'elettricista ventottenne di nazionalità romena che da allora si trova agli arresti domiciliari con l'accusa di omicidio stradale plurimo con fuga: il giovane, infatti, non si fermò a prestare soccorso, sostenendo di non essersi accorto di quanto accaduto, e fu arrestato il giorno seguente.
Per il reato di omicidio stradale il Codice prevede una pena da 2 a 7 anni di reclusione e il pm Giovanni Gasparini ha deciso di partire da 4 anni, poi aumentati a 6 dall'omissione di soccorso con fuga e quindi dal numero di vittime, fino ad arrivare a 12 anni di carcere, ridotti di un terzo perché il processo si svolge con rito abbreviato. 
 

 


A conclusione dell'udienza, svoltasi a porte chiuse, i familiari dei giovani scomparsi hanno contestato la richiesta ritenendola troppo mite in considerazione della gravità del fatto. I loro legali, gli avvocati Guido Simonetti e Simone Zancani, prenderanno la parola nell'udienza del prossimo 18 luglio, prima del difensore dell'imputato, l'avvocato Rodolfo Marigonda, il quale non contesta il fatto e la responsabilità del suo assistito, ma si batterà per ottenere il riconoscimento delle attenuanti generiche, e dunque un ulteriore sconto, in considerazione del fatto che Marinica non ha precedenti e ha tenuto un comportamento esemplare in questi mesi. Il legale ha chiesto nuovamente che al ventottenne venga concessa la possibilità di tornare a lavorare in quanto non sa più come mantenersi.



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Nell'udienza di ieri, prima della requisitoria del pm, è stata discussa la perizia disposta per chiarire alcuni aspetti relativi alla dinamica, e in particolare la velocità tenuta dalla vettura a bordo della quale si trovavano le vittime, la Ford Fiesta condotta da Riccardo Laugeni, a bordo della quale viaggiavano anche Eleonora Frasson, Leonardo Girardi e Giovanni Mattiuzzo (tutti morti nella carambola fatale), insieme a Giorgia Diral, l'unica miracolosamente sopravvissuta. 

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La difesa dell'imputato puntava a dimostrare un concorso di colpa del conducente della Fiesta, che procedeva a 77 chilometri all'ora invece che 70. Ma il perito incaricato dal gip, l'ingegner Cristina Geddo, ha liquidato le tesi suggerite dal consulente tecnico della difesa come «non «tecnicamente accettabili, perché originano da presupposti errati»: con una diversa velocità, infatti, incidente si sarebbe verificato in un altro punto e con modalità differenti e, dunque, è «impossibile stabilire con assoluta certezza quale sarebbe stata l'evoluzione dinamica del sinistro».
 


La vettura condotta da Marinica procedeva in direzione Venezia a 100 chilometri all'ora e rientrò da un sorpasso stringendo troppo ed entrando in collisione con la fiancata sinistra della Ford Fiesta. Poco prima dell'incidente, una donna aveva chiamato la polizia per segnalare la guida spericolata proprio dell'elettricista, impegnato in più di un sorpasso azzardato.
La sentenza, da cui dipende anche il risarcimento danni alle famiglie dei ragazzi, è prevista per il 18 luglio.

 

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Ultimo aggiornamento: 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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