VENEZIA - «Vita di ogni giorno in tutta la sua precaria bellezza».
TRA EUROPA E USA
Curata da Kurt Kaindl e Brigitte Blueml, affiancati da Valeria Finocchi, direttrice di Palazzo Grimani, Fotografare da Venezia in poi è promossa dalla direzione regionale Musei Veneto e dalla società Suasez, in collaborazione con la galleria Fotohof di Salisburgo (con cui la Morath ha portato a compimento gli ultimi volumi di fotografia d'arte). Quella di Inge Morath è certo una figura complessa, la cui vita privata è spesso intrecciata a quella professionale: basti pensare che sul set di The Misfits di John Huston, nelle sale nel 1961, dove si trovava in veste di fotografa di scena, conobbe il celebre drammaturgo Arthur Miller, che firmava la sceneggiatura. Al tempo, Miller era sposato con Marilyn Monroe, protagonista femminile della pellicola (al fianco di Clark Gable, Eli Wallach e Montgomery Clift). Rapporto complesso, come noto, quello tra Miller e la Monroe, che al termine delle riprese chiese il divorzio. L'anno successivo (nel quale peraltro la Monroe fu rinvenuta priva di vita) Miller ritrovò e sposò la Morath, con la quale si trasferì a New York, risiedendo inizialmente nel mitico Chelsea Hotel: da subito, la metropoli si rivelerà teatro inesauribile di importanti scatti. Fra i più noti nell'immaginario collettivo, si può annoverare il lama la cui testa esce da un finestrino d'auto, nel crocevia urbano di Times Square. La dignità del lama è la stessa di ogni altro essere umano ritratto dalla Morath, capace di restituire nel contempo soggetti e momento storico: altrettanto celebre, lo scatto londinese del 1953 dedicato ad Eveleigh Nash, editrice di Conan Doyle e Jane Austen, a bordo della sua limousine nei pressi di Buckingham Palace.
GLI ESORDI
Compiendo un passo a ritroso, fu nel 1951 che la Morath giunse a Venezia con l'allora marito Lionel Burch, freschi sposi. Dopo prime esperienze giornalistiche nel secondo dopoguerra, già collaborava con l'Agenzia Magnum Photos nel settore redazionale (conosceva ben sette lingue). Lei stessa raccontò in più occasioni l'inattesa svolta: colpita dall'atmosfera sospesa della città lagunare in pieno novembre, suggerì a Robert Capa di inviare un fotografo: lui le disse che già c'era, a Venezia, ed era lei. Parte del percorso in mostra della sezione veneziana, è tuttavia relativo al reportage che le fu commissionato dalla Magnum, richiesto nel 1955 da una rivista d'arte per affiancare testi di Mary McCarthy, celebre intellettuale e scrittrice statunitense.
Gli esempi in casa non sono certo mancati, alla Morath, circondata dai maestri dell'agenzia fondata alla fine degli anni Quaranta: oltre a Robert Capa, nomi quali il genio di Henri Cartier-Bresson, George Rodger, David Seymour e William Vandivert, per citarne solo alcuni.
L'ALLESTIMENTO
Dice Valeria Finocchi, direttrice di Palazzo Grimani: «Il mio ruolo è rappresentare il museo, e in particolare far sì che la sezione dedicata a Venezia si inserisca appieno nei nostri spazi, garantendo il coinvolgimento del visitatore. La mostra vera e propria si sviluppa nel secondo piano, suddivisa in tre sezioni: quello che si potrebbe definire un best of dei reportage compiuti in tutto il mondo, quindi l'attività di ritrattista, e infine Venezia, la città, i monumenti, le inscindibili presenze umane; quest'ultima sezione ha un'appendice al primo piano nobile, con gigantografie selezionate che i visitatori saranno invitati ad approfondire (riconoscendone ad esempio i luoghi), e ritratti che altri fotografi le hanno dedicato».
Non mancherà, infine, una rassegna di scritti autografi e documenti fra cui - con tutta probabilità - riviste del tempo e cataloghi a documentare la sua attività artistica. Nella mostra veneziana sarà dato spazio all'intero percorso della Morath, autrice di reportage di massimo spessore, compresi quelli compiuti nel 1965 in Unione Sovietica, o (dopo aver studiato il mandarino) nella Cina del 1978. Prima ancora, in Spagna dove tornerà più volte (famose le scene a Pamplona), mentre a fine anni Cinquanta si recò in Iran, restituendo immagini oggi più che mai degne d'attenzione per l'aspetto documentario del tessuto sociale e dei costumi.
Anche molti ritratti sono divenuti dei classici: hanno posato, o sono stati colti in momenti di lavoro o di spontaneità domestica, artisti quali Henri Moore, Jean Arp e Pablo Picasso, scrittori e musicisti come Doris Lessing e Igor Stravinskij.
Molti gli attori, come Yul Brynner con il quale - seguiti dalle telecamere della Cbs - la Morath ha dato vita ad un reportage in Europa e Medio Oriente sulla condizione dei profughi, o Marilyn Monroe di cui, come detto, prese il posto nel cuore di Arthur Miller.