Venezia. Cecilia, morta in barca con papà: un cavo spezzato dietro la tragedia

Giovedì 4 Luglio 2019 di Gianluca Amadori
Venezia. Cecilia, morta in barca con papà: un cavo spezzato dietro la tragedia
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VENEZIA - Era fortemente usurato il meccanismo di collegamento del timone del motoscafo di Roberto Piva, tanto da rompersi bloccando il motore e costringendo l'imbarcazione a virare verso sinistra. Lo hanno accertato le prime verifiche tecniche effettuate da Vigili del fuoco e Capitaneria di porto sul natante che, domenica pomeriggio, è rimasto coinvolto nel grave incidente nautico costato la vita alla figlia del conducente, Cecilia, di appena 12 anni, sbalzata in acqua dopo un violento urto dello scafo contro una briccola. Gli esperti non sono in grado di specificare se quel meccanismo si sia rotto prima dello schianto (e dunque il guasto sia stato la causa dell'incidente) oppure se sia stato l'urto a provocarne il cedimento. E probabilmente sarà impossibile saperlo. Il dato  di fatto è che, dopo la collisione con la briccola, il motoscafo ha girato su se stesso, forse più di una volta, e probabilmente è stato proprio durante uno di questi giri che l'elica ha colpito la ragazzina, già volata in acqua. Cecilia era seduta a prua, in un punto che tutti sconsigliano proprio alla luce del forte pericolo che i passeggeri corrono nell'eventualità di cadute fuori bordo.
Il compito di ricostruire con esattezza la dinamica spetterà comunque ad una consulenza dinamica che, con molte probabilità, la Procura disporrà dopo aver avuto i risultati dell'autopsia, in programma oggi ad opera della dottoressa Bonvicini, incaricata ieri mattina dal sostituto procuratore Fabrizio Celenza, alla presenza dei legali del padre della giovane vittima, indagato per omicidio colposo, gli avvocati Alessandro Compagno di Mestre e Francesco De Cesare di Salerno.
ESAME AUTOPTICOIl magistrato vuole capire con certezza cosa ha provocato il decesso della dodicenne: gli accertamenti effettuato finora escludono che, nella caduta dalla barca sia finita contro la briccola, non essendo state trovate tracce di sangue. 
Oltre all'elica del motoscafo di Piva, la Procura ha disposto analisi anche sull'elica del lancione che, nel momento dell'incidente stava incrociando, al quale in un primo momento è stato addebitato di aver provocato un'onda anomala. Il pilota del lancione (non indagato), ascoltato dagli inquirenti, ha riferito che il motoscafo con Cecilia a bordo stava procedendo ad elevata velocità: una versione che contrasta con il racconto di Roberto Piva e degli amici che lo seguivano con il natante condotto da Alberto Dalla Libera, i quali hanno assicurato che la loro velocità era ridotta.
IL LANCIONEGli investigatori stanno ascoltando altri testimoni per cercare di raccogliere anche una versione da parte di persone non direttamente coinvolte. In ogni caso, la perizia che sarà effettuata sul motoscafo, sarà in grado di ricostruire la velocità, seppure con un certo grado di approssimazione, sulla base dei danni che l'urto ha provocato allo scafo. Ma, a prescindere dalla velocità, al conducente del motoscafo potrebbe essere contestata una responsabilità colposa sia in relazione alla posizione nella quale era seduta la vittima, sia al difetto di manutenzione del motore. Gli inquirenti stanno verificando anche la rotta di navigazione tenuta da Piva, che ha incrociato alla sinistra del lancione, passando molto vicino alla briccola. In una mail inviata alla Capitaneria di Porto di Venezia e al Gazzettino il quarantaseienne si è assunto tutta la responsabilità dell'accaduto.
Gianluca Amadori

Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 13:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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