«Il disperato tentativo di salvare sua figlia»

Martedì 2 Luglio 2019
Incidente in laguna a Venezia, morta Cecilia Piva
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VENEZIA - «La barca andava piano». Questo hanno detto i testimoni che, a bordo di un gommone, seguivano il motoscafo di Roberto Piva che domenica si è scontrato con una briccola nel canale di fronte al Bacan.

Incidente in laguna. ​Cecilia, lo strazio del papà: è indagato per omicidio colposo

 

Una testimonianza che verrà vagliata dal pubblico ministero Fabrizio Celenza, che sta coordinando le indagini sull'incidente. In quel tratto di laguna la velocità si attesta attorno agli undici nodi, ma cambia per via dei canali interni e per la stazza delle singole imbarcazioni. Ciò che è certo, è che la velocità rappresenta un importante elemento per le indagini.
 
IL RACCONTO
Una scena straziante, quella di domenica, che i soccorritori faranno fatica a metabolizzare. I primi a prestare soccorso sono stati i quattro uomini della Guardia costiera volontaria in servizio domenica: Andrea Errico, pilota e al debutto come capo squadra; gli assistenti Michele Carrer e Gino Camporese, e Matteo Vianello che, abilitato all'uso del defibrillatore, ha provato a rianimare la ragazzina. Racconta Errico, residente a Favaro e di mestiere comandante di una società di navigazione: «La chiamata del Suem è arrivata alle 17.44. Ci trovavamo in darsena Marina fiorita a Cavallino-Treporti, all'intersezione tra il canale di Burano e Punta Sabbioni. L'operatrice ci comunicava che era successo un incidente molto grave e ci chiedeva di portarci sul luogo il più presto possibile, tanto da autorizzarci a usare la sirena e il lampeggiante». 

Il gommone da 150 cavalli, capace di arrivare a oltre 50 chilometri orari, ci ha messo dodici minuti a percorrere i due chilometri in linea d'aria di distanza dal luogo della tragedia. «Abbiamo trovato il padre che urlava disperato. Dopo aver recuperato la figlia in acqua, le praticava il massaggio cardiaco e la respirazione a bordo del gommone della famiglia che per prima li ha recuperati, lanciando l'allarme - spiega Errico - C'era sangue dappertutto. Il padre provava fermare l'emorragia che probabilmente era stata abbondante sul luogo dell'incidente. Ma noi eravamo più distanti dal punto dell'impatto con la briccola numero 11, perché la corrente aveva portato il gommone lontano un centinaio di metri dal semicabinato, rimasto alla deriva con a bordo la compagna dell'uomo e il fratellino della dodicenne. La mia prima preoccupazione è stata di ormeggiare di lato il gommone per ricondurlo in acqua alta e favorire le operazioni di soccorso dell'idroambulanza. Il nostro Vianello ha applicato il defibrillatore e provato anche lui la rianimazione. Sono stati attimi concitati».
 
Dopo una decina di minuti la lancia del Suem era sul posto, ha preso in carico la ragazzina e a tutta velocità si è diretta verso il Pronto soccorso dove non è arrivata viva. «Noi siamo andati al seguito trasportando il padre - continua Errico - Era sotto shock. Quando siamo arrivati all'ospedale, in non più di dieci minuti, ci ha ricontattati la sala operativa della Capitaneria che ci ha svincolati dal servizio e così siamo ripartiti, molto scossi per l'accaduto. Vianello, che meglio ha potuto vedere la ragazzina, ci ha riferito che la situazione era tragica perché era incosciente e senza un braccio. Poco dopo, all'altezza di Murano, il Suem ci ha avvisati che non c'era stato nulla da fare. Questo intervento non lo dimenticheremo facilmente». 

MARE ROSSOCome difficilmente se lo scorderanno quanti hanno assistito alla scena. È ancora la pagina Facebook Diportisti laguna veneta a portare il grosso dei racconti: «Noi li avevamo davanti, ma non abbiamo capito cos'era successo... sono saliti sul gommone con defibrillatore, abbiamo visto che facevano massaggio cardiaco e un uomo che urlava, ma non sembrano buone notizie», scriveva una componente del gruppo. E ancora «Passavo di lì, una scia di sangue, una ragazza con i capelli lunghi mora tagliata da un elica» e «C'era MOLTO SANGUE in mare». Fino alla decisione, a tragedia avvenuta, di chiudere ogni commento. 
Alvise Sperandio

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