ERACLEA - Il via libera è arrivato ieri: nei prossimi giorni un medico legale andrà in carcere a Venezia per visitare l'ex sindaco Graziano Teso, in cella a Santa Maria Maggiore dal 24 aprile per scontare la condanna definitiva a 2 anni e 2 mesi per concorso esterno in associazione mafiosa, nell'ambito del processo sulle infiltrazioni della camorra nel Veneto Orientale, capitanata da Luciano Donadio.
L'UDIENZA
Ieri, intanto, il troncone principale del processo ai casalesi di Eraclea, in corso da più di tre anni in aula bunker a Mestre, ha imboccato il rettilineo finale. Gli avvocati Renato Alberini e Giovanni Gentilini, difensori di Luciano Donadio, hanno parlato per l'intera udienza sulle usure, le estorsioni e le bancarotte contestate dall'Antimafia veneziana al presunto capo dell'organizzazione. Reati che nell'ipotesi dei pubblici ministeri Roberto Terzo e Federica Baccaglini sarebbero serviti per affermare e ingrossare gli affari della cosca, un po' costola di Casal di Principe e un po' mafia indipendente.
«L'esame dei reati fine è estremamente utile per cercare di capire come si è estrinsecata questa associazione mafiosa - ha detto l'avvocato Alberini - Il pizzo, che è il fenomeno che più rende visibile sul territorio l'esistenza di qualcosa che non va, non è mai esistito: qui parliamo di estorsione comune. Secondo i pm da questi reati l'associazione avrebbe sostentamento economico, stiamo parlando di valori modesti e indirizzati non a una cassa comune, ma alle singole persone interessate. Sono tutte condotte estemporanee, se così fosse quest'associazione doveva morire di inedia». E poca valenza avevano anche per il controllo di zona. «La fama criminosa e la capacità di intimidazione - si è chiesto Alberini - Dalle carte non si trova nulla al riguardo».
«DONADIO, IL SINDACALISTA»
Il boss, per come lo descrive l'accusa, sarebbe responsabili di diciassette estorsioni «cinque delle quali solo tentate e tutte comunque spalmate in diciotto anni, meno di una all'anno - ha punzecchiato il legale - In più i soldi sono andati a chi non era stato pagato, quasi un'azione da sindacalista la sua. Il metodo mafioso non ha funzionato: Non c'è mai stata una sparatoria, nessuno che è stato picchiato. Quando le estorsioni non vanno a buon fine è per opposizione delle vittime, quindi questo metodo mafioso cos'ha ottenuto? Una delle caratteristiche di Donadio è che in tutte le vicende nelle quali veniva coinvolto, non sposava a priori ma cercava di capire di cosa si stesse parlando ma anche di capire le ragioni dell'altra parte per non essere strumentalizzato. Chiamatelo buon padre di famiglia, giudice di pace ante litteram o mediatore». Poi lo sguardo della difesa si è allargato di nuovo all'accusa cardine: di essere la mafia. «Sotto il vestito, niente. È come con lo stravedamento: con il bel tempo le montagne sembrano vicine a Venezia ma ci sono 150 chilometri di mezzo. L'esempio massimo è l'estorsione a Gaiatto: a casa di Donadio arrivano i veri casalesi, non come questi, e impongono il loro metodo».
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