Murano, fallita la storica vetreria Seguso: «Debiti per un milione 600 mila euro»

Venerdì 22 Luglio 2022 di Raffaella Vittadello
Fallita la storica vetreria Seguso
2

VENEZIA - In frantumi la Sshg srl di Murano, l’azienda del vetro artistico che fa capo a Gianluca e Pierpaolo Seguso, eredi di una tradizione familiare che affonda le radici nel 14esimo secolo.

Un’impresa che occupava, fino a poco tempo fa, una dozzina di maestri vetrai per la produzione di lampadari e oggetti d’illuminazione, presente con i propri oggetti nelle collezioni permanenti di 75 musei di tutto il mondo e insignita nel 2018 del prestigioso premio Compasso d’oro.

Il tribunale di Venezia nei giorni scorsi ne ha dichiarato il fallimento, nominando come curatore la commercialista trevigiana Caterina Carrer e fissando per il 15 novembre prossimo l’adunanza dei creditori per procedere all’esame dello stato passivo, in modo da liquidare le attività dell’azienda e le preziose giacenze accatastate in magazzino.

Fallita la storica vetreria Seguso

La Sshg era nata nel 2009 come progetto Seguso&Seguso per promuovere un modo nuovo di concepire il vetro ed era orientata all’arredo d’interni. Nel 2012 aveva preso in affitto dalla Seguso Viro un ramo d’azienda che si occupava di oggettistica e poi anche della Cenedese. Mentre nel 2014 il Tribunale dichiarava il fallimento di Venti Radi Immobiliare, sempre di proprietà della famiglia Seguso. Nel fallimento era finito all’asta anche l’immobile occupato dalla fornace, acquistato nel 2018 per poco più di 900 mila euro da una concorrente del vetro, la Salviati, nonostante una perizia fallimentare di oltre 3 milioni.

La Sshg aveva continuato a lavorare all’interno per anni, chiedendo di regolarizzare la propria posizione contrattuale. Pena lo sgombero, chiesto da Venti Radi nel 2017. La Sshg, tra il 2013 e il 2017 aveva raddoppiato i ricavi, con una quarantina di dipendenti e un fatturato di 5 milioni di euro. Ma nel 2020 aveva accumulato anche dei debiti, tanto che la Radi - ormai in amministrazione da parte del Tribunale da quasi sette anni - aveva presentato istanza di fallimento. E così gli impianti - fermi da marzo a causa della pandemia - non sono stati più riaccesi. E non è bastata neppure l’ultima proroga di 60 giorni concessa ai 120 giorni del concordato in bianco aperto a fine 2021, per formalizzare il piano di rientro definitivo.
La sentenza del Tribunale fallimentare parla di debiti per oltre un milione e 600 mila euro nei confronti della Radi per l’affitto di azienda e di oltre 3 milioni verso l’Agenzia delle Entrate.

Per il titolare Gianluca Seguso, invece, l’istanza di fallimento è stata un fulmine a ciel sereno, perchè non preceduta da decreti ingiuntivi. «Con la Radi avevamo raggiunto un accordo transattivo per un valore di circa 25 mila euro, segno che il credito milionario era forse soltanto presunto, tra dare e avere - afferma -. L’agenzia delle Entrate aveva approvato un piano di rateizzazione a dieci anni. La mia preoccupazione ora va alle famiglie dei miei collaboratori e al patrimonio di conoscenze accumulato in questi anni, dobbiamo trovare il modo per non disperderlo pertanto resto a disposizione». La Cgil, per bocca di Francesco Mulzer, si sente vicina ai lavoratori e chiede che le istituzioni vigilino sulla possibilità che le aziende possano passare di mano nonostante i fallimenti.

Ultimo aggiornamento: 10:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci