Assalto della Mala in villa, il racconto dell'imprenditore: «Ho visto due persone in giardino con la pistola che mi hanno detto 'siamo noi la polizia'»

Venerdì 15 Settembre 2023 di Gianluca Amadori
Assalto della Mala in villa, il racconto dell'imprenditore: «Ho visto due persone in giardino con la pistola che mi hanno detto 'siamo noi la polizia'»

VENEZIA - Entra nel vivo il processo alla cosiddetta mala del Tronchetto. Ieri, nell'aula bunker di Mestre, sono sfilati i primi testimoni, tra racconti di richieste estorsive, reticenze e non ricordo, nonché il sequestro di tre midiciali ordigni destinati all'eliminazione di un ex sodale.
La vicenda più clamorosa è stata ricostruita da Maurizio Magnanini, socio della Marco Polo, società di trasporto turisti di Punta Sabbioni. L'8 giugno del 2018, alle 9 del mattino, l'uomo si allarmò sentendo dell'abbaiare furioso del cane e, affacciandosi alla finestra, vide due soggetti nel giardino: uno con la pistola in mano, l'altro con una mazza, che correvano verso di lui, intimandogli in dialetto di aprire. «Dissi a mia moglie di chiamare la polizia - ha raccontato - Magnanini - e i due risposero: "Siamo noi la polizia". Indossavano dei giubbotti pesanti, guanti e passamontagna: assieme a mia moglie siamo fuggiti dalla porta principale, rifugiandoci nella casa dei vicini dalla quale abbiamo chiamato le forze dell'ordine».
Nel frattempo i malviventi riescono ad infrangere la vetrata e ad entrare nella villa per poi fermarsi nel vedere che Magnanini e consorte erano al sicuro a casa dei vicini: «"Bastardo vieni qui", mi hanno urlato - ha ricordato l'imprenditore - Ma non ci hanno inseguito: sono fuggiti».

«SEI L'UNICO CHE NON PAGA»

Per capire chi potessero essere i malviventi e perché lo avessoro preso di mira, Magnanini ha riferito di aver chiesto aiuto ad un vecchio esponente della mala sandonatese, Antonio Guerrieri, da lui conosciuto anni prima. «Mi ha messo in contatto con Paolo Pattarello con il quale organizzò una cena in un ristorante di Noventa di Piave».
Fu in quella occasione che Pattarello, il settantacinquenne accusato dalla procura di essere uno dei capi della nuova mala del Tronchetto (nata dalle ceneri della banda dei mestrini, affiliata a Felice Maniero) avrebbe detto all'imprenditore: «Al Tronchetto pagano tutti, sei tuo l'unico che non paga...», chiedendogli 20mila euro al mese. In un secondo incontro, dopo che Magnanini spiegò che i suoi affari non andavano bene, la richiesta fu ridotta a 5mila euro al mese. «"Se non paghi, finiamo quello che abbiamo lasciato in sospeso", mi disse Pattarello. In quel momento ho capito che erano stati loro a dare l'assalto alla mia villa».
L'imprenditore ha dichiarato di non aver pagato, e nulla è più accaduto: «Non ho più sentito nessuno», ha spiegato al Tribunale presieduto da Stefano Manduzio.

Per quel episodio, oltre a Pattarello, sono sotto processo a vario titolo, il presunto capo della mala del Tronchetto, Gilberto Boatto, il suo stretto collaboratore, l'imprenditore veneziano Loris Trabujo (già condannato in abbreviato, anche per numerosi altri reati, a anni di reclusione) e Luca Livieri.

I "FIOI" DEL TRONCHETTO

Di un'altra estorsione ha parlato Luciano Sabbadin, già titolare e intromettitore della società di trasporto turisti San Giuliano che nel 2000 ricevette la visita di Boatto: «Lo conoscevo per sentito dire, lo chiamavo "zio". Mi disse: "Sono in carcere e sto usufruendo di un permesso premio. Tutti pagano ai fioi del Tronchetto': devi versarmi 2mila euro"». Sabbadin gli avrebbe risposto di non avere disponibilità, ma che si sarebbe dato da fare e così, dopo un mese e mezzo, in occasione del successivo permesso premio gli avrebbe consegnato 1350 euro. «Mi ringraziò e disse: "Non appena posso te li restituisco". Ma non li ho più visti».
In mattinata il pm Giovanni Zorzi ha citato a deporre le forze dell'ordine che, nel dicembre del 2018, sequestrarono a bordo di un'auto tre micidiali ordigni che, secondo la procura, Pattarello aveva "ordinato" per utilizzarli contro Tenderini. Gli investigatori sospettano che l'esplosivo potesse servire anche per vendicarsi di Felice Maniero, che con il suo pentimento ha fatto finire in carcere tutti i componenti della sua banda.
Pieni di «non so, non ricordo» la testimonianza di un motoscafista («Conoscevo Trabujo solo di vista») e di un personaggio un tempo vicino alla mala del Brenta, Marino Bonaldo, che ha ammesso di essersi incontrato con Pattarello, nel 2020, per discutere di un affare, da lui rifiutato: «Non ricordo di cosa si trattasse. Avevo deciso di chiudere con certi ambienti». Il processo proseguirà il 21 settembre con altri testimoni.
 

Ultimo aggiornamento: 11:52 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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