«La Mala del Tronchetto era violenta e pericolosa ma non mafiosa», le motivazioni della sentenza

Martedì 16 Maggio 2023 di Gianluca Amadori
«La Mala del Tronchetto era violenta e pericolosa ma non mafiosa», le motivazioni della sentenza

VENEZIA - La nuova "mala del Tronchetto" era organizzata e pericolosa ma, paragonata alla "mala del Brenta", era «dotata di minore forza pervasiva», non aveva «la capacità di sprigionare una forza intimidatrice effettiva» e non poteva contare sul «riconoscimento diffuso di un capo, né l'effettiva infiltrazione nel tessuto sociale (o in un settore della società) di un corpo estraneo, percepito come alternativo alle istituzioni». Non emerge, infine, «che vi fosse un clima generale di assoggettamento e di omertà nella popolazione». Motivi per cui non si può parlare di organizzazione di stampo mafioso, a differenza di quanto contestato dal pm Giovanni Zorzi.
Lo scrive la gup Benedetta Vitolo nelle motivazioni della sentenza con cui, lo scorso novembre, a conclusione del processo celebrato con rito abbreviato, ha condannato a complessivi 54 anni di carcere 14 componenti del gruppo criminale, tra i quali uno dei capi, l'imprenditore veneziano Loris Trabujo, al quale sono stati inflitti 12 anni di reclusione.

ORGANIZZAZIONE DEPOTENZIATA

In quasi 400 pagine viene spiegato che l'organizzazione capeggiata da Gilberto Boatto e Paolo Pattarello (due componenti della banda dei mestrini, all'epoca affiliata a Felice Maniero) risultava «depotenziata, sia per essere stata disarticolata con gli arresti del passato; sia per la lunga durata delle detenzioni di taluni dei suoi membri; sia per il cambiamento storico culturale che, in questi oltre trent'anni, si è verificato nella società e nel territorio del Nordest».

Inoltre le vittime non sapevano che avessero «ricostruito un'associazione sulla falsariga di quella che aveva terrorizzato il Veneto oltre vent'anni prima». A subire l'assoggettamento ai boss del gruppo «erano pochissime persone - scrive il gup - cioè quei soggetti che conoscevano Boatto e Pattarello e ne subivano il fascino negativo in ottica nostalgica».

GRANDE PERICOLOSITÀ

Gli obiettivi dell'organizzazione erano quelli di gestire il traffico di stupefacenti, nonché di acquisire il controllo del lucroso traffico turistico acqueo e di gestire bische clandestine. «Anche in questo settore, però, l'azione del sodalizio non è riuscita a decollare», si legge nella sentenza nella quale viene evidenziato come l'organizzazione abbia dimostrato i suoi limiti, ad esempio, nella limitata capacità di dare esecuzione alle "sanzioni" nei confronti di chi non si adeguava alle regole: «Hanno dimostrato di non avere, fortunatamente, più la forza, la determinazione e la capacità esecutiva della precedente organizzazione», sottolinea la giudice Vitolo. Il progetto, mai portato a termine, di uccidere Alessandro Rizzi ne sarebbe la dimostrazione più lampante.
La sentenza dello scorso novembre ha escluso anche la sussistenza dell'aggravante mafiosa contestata in relazione a numerose estorsioni, messe a segno da vari componenti della banda a danno (quasi esclusivamente) di operatori del settore dei trasporti acquei: secondo la giudice, infatti, dagli atti dell'inchiesta non è stata raggiunta la prova che i metodi adottati rientrino nell'ambito mafioso. L'esclusione dell'ipotesi mafiosa, però, non fa venir meno, «la grande pericolosità di un'organizzazione strutturata, capace di commettere rapine, di acquistare e vendere stupefacenti in quantità rilevanti, di commettere reiterati atti estorsivi (...) di disporre di un'ingente quantità di armi...». Il processo con rito ordinario a carico di altri 54 imputati si aprirà il 6 luglio.

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