Angelo Partecipazio, il decimo doge che avviò la costruzione del primo Palazzo Ducale

Lunedì 3 Febbraio 2020 di Alberto Toso Fei
Angelo Partecipazio visto da Matteo Bergamelli
Angelo Partecipazio (VIII secolo – 827) decimo doge di Venezia 

Fu il doge che trasferì il potere del nascente stato veneziano da Metamauco (nome che ricorda l'attuale Malamocco, che secondo la tradizione fu però un'isola successivamente sprofondata a causa di un maremoto nel 1107) a Rialto, iniziando nel contempo la costruzione del primo Palazzo Ducale, sullo stesso luogo dove sorge quello attuale, edificato come una fortezza pronta a difendere i Veneziani dai loro nemici continuamente incombenti. Soprattutto, Angelo Partecipazio (o Agnello Particiaco, così come è nominato nelle cronache più antiche), riuscì a mantenere Venezia indipendente dall'influenza dell'impero Franco, per una più comoda – perché lontana – sudditanza verso Bisanzio, dalla quale i primi dogi dipesero molto, al punto che la moneta in utilizzo a Venezia era sostanzialmente bizantina, in attesa che (l'anno successivo alla sua morte) l'arrivo del corpo di San Marco sancisse il primo passo verso una indipendenza più decisa.

Lo stesso dogado, allora, era conteso da grandi gruppi familiari e aveva un carattere simile a quello dinastico: dopo di lui furono eletti il figlio Giustiniano (che accolse le spoglie del patrono) e il fratello di questi Giovanni (che dal padre Angelo aveva subito l'esilio), e i Partecipazio – che qualche storico vuole poi essere tramutati in Badoer – diedero alla fine ben sette dogi a Venezia, in tempi in cui non era ancora Serenissima.

Nato nella seconda metà dell'VIII secolo, probabilmente a Eracliana (che era stata capitale del Ducato di Venezia), Angelo/Agnello Partecipazio fu il capostipite di questa dinastia, e divenne doge nell'810. Tra le crisi alle quali dovette fare fronte nel corso del suo mandato vi fu quella determinata dall'invasione del Franchi del re d'Italia Pipino – figlio di Carlo Magno – che dopo la deposizione del suo predecessore al dogado, il filofranco Obelerio, rivendicava la sua sovranità sulla laguna. I veneziani risposero che l'imperatore del Sacro Romano Impero aveva sovranità sulle terre e sul mare, ma che loro – vivendo in un luogo che non era né terra né mare – non erano soggetti a quel potere. Da qui in poi interviene la leggenda, narrata anche da Giovanni Diacono nella sua “Cronaca veneziana”: i Franchi, sotto il comando del figlio dell’imperatore, Pipino, sbarcarono in forze a Metamauco ma la trovarono abbandonata.

Sull’isola era rimasta solo una vecchia, che – irata con i veneziani che erano fuggiti portando tutto a Rialto e abbandonandola in quel luogo – consigliò al principe di gettare un ponte di legno sulla laguna per prendere le isole realtine, divenute centro della resistenza veneziana. Pipino, accecato dai suoi disegni di conquista, non si avvenne che si trattava di una trappola e fece subito realizzare un basso ponte di barche, col quale lanciare un attacco con la sua cavalleria. Ma senza pensare al montare della marea e al fatto che – essendo molto instabile – la lunga passerella non avrebbe retto l'impatto dei cavalieri. Sentendo le tavole sconnesse oscillare sotto i loro zoccoli, infatti, i cavalli si spaventarono e si gettarono in acqua coi loro cavalieri, che furono decimati dai veneziani, appostati tra i canneti con le loro basse imbarcazioni. La vittoria fu schiacciante e totale: si trattò anzi di una tale strage di soldati nemici (con la conseguente generazione di altrettanti orfani) che al canale accanto al quale era avvenuto il combattimento fu attribuito il nome di “Orfano”; lo stesso che porta ancora oggi.

Non fu quella l'unica azione di forza compiuta da Particiaco in quegli anni lontani e difficili: assieme al trasferimento del potere nella filobizantina Rialto (da poco divenuta anche sede vescovile) e alla costruzione di Palazzo Ducale, nell'821 dovette affrontare una congiura ordita dal patriarca di Grado Fortunato – da sempre vicino ai Franchi – sostituendolo temporaneamente con l'abate di San Servolo, al quale due anni prima aveva donato una cappella alla foce del Brenta dalla quale nacque l'abbazia di Sant'Ilario, che rappresentò a lungo una delle più importanti istituzioni religiose veneziane. Angelo Partecipazio morì probabilmente nell'827, lasciando solo al governo il figlio Giustiniano, che già di fatto reggeva assieme a lui i destini dello stato.
Ultimo aggiornamento: 17:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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