Delitto Teresa e Trifone. Difesa: «Né testimoni, ​né movente: assolvete Giosuè»

Martedì 31 Ottobre 2017
Giosuè Ruotolo (a sinistra) e le vittime del delitto di Pordenone, Trifone Ragone e Teresa Costanza
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PORDENONE - «Vi chiedo di tutelare il diritto alla libertà di Ruotolo che è in carcere da innocente dal 7 marzo 2016 e di pronunciare una sentenza di assoluzione per non aver commesso il fatto». Con queste parole l'avvocato Giuseppe Esposito, uno dei legali della difesa di Giosuè Ruotolo, ha chiuso l'arringa. Ruotolo è l'unico imputato per il duplice omicidio della coppia di fidanzati Teresa Costanza e Trifone Ragone, uccisi a colpi di pistola la sera del 17 marzo 2015 nel palazzetto dello sport di Pordenone. In un giorno e mezzo di arringa il legale ha messo in luce «gli enormi profili di inattendibilità e falsità», delle testimonianze dei coinquilini «smentiti dai dati oggettivi» e sottolineato le prove certe: «Mancano le tracce di Teresa e Trifone sull'auto e i vestiti di Ruotolo, sulle sue cose personali, mancano i testimoni oculari, manca un legame tra la pistola e Ruotolo. Manca un movente».

«Il movente non c'è», ha ribadito il legale, sempre rivolto alla Corte, ricordando i motivi prospettati dall'accusa: «Gelosia, paura di essere denunciato, l'omosessualità latente». «Ne sono stati indicati diversi perché non c'è. Ma un processo penale non è un menù alla carta», ha aggiunto il legale. «Se il profilo anonimo anonimo è il movente - ha chiesto alla Corte - ditemi perché ha aspettato quasi 4 mesi per uccidere, perché quella sera e in modo così plateale? Perché uccidere quando aveva in mano informazioni tali da rappresentare una minaccia per Trifone e per la sua carriera? Perché, se i rapporti erano così tesi, Teresa e Trifone tornano a settembre in quella casa? E perché il 2 marzo Trifone manda a Giosuè un messaggio in tono così amichevole?».

RUOTOLO PARLA IN AULA
Esponetevi «favorevolmente nei miei confronti» per poter tornare a vivere come prima una vita improntata su «sani principi e valori, per potermi in futuro costruire una famiglia», perché «nella giustizia ci credo ancora». Così Giosuè Ruotolo si è appellato alla Corte d'Assise che dovrà a giorni giudicarlo, con brevi dichiarazioni spontanee.

Ruotolo, riferendosi ai coinquilini li ha accusati di aver mentito e ha chiesto «che vengano perseguite e severamente punite».

Ultimo aggiornamento: 17:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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