Radio Venezia Giulia, l'emittente che informava i concittadini in Istria e Dalmazia. «Qui, per la libertà di Trieste»

Martedì 14 Febbraio 2023 di Alessandro Marzo Magno
Radio Venezia Giulia, l'emittente che informava i concittadini in Istria e Dalmazia. «Qui, per la libertà di Trieste»

Una radio clandestina che dall'autunno 1945 trasmetteva verso l'Istria in via di annessione, o annessa, alla Jugoslavia aveva sede a Venezia, a Ca' Tiepolo Passi, a San Tomà. L'antenna si trovava al Lido, prima sulla chiesa di San Nicolò e poi in un'area di pertinenza della Marina Militare. A San Tomà si trovava invece la redazione, dove lavoravano i fratelli Quarantotti Gambini: Pier Antonio, direttore, e Alvise, responsabile amministrativo. In un secondo tempo la redazione era stata spostata in calle degli Avvocati, a Sant'Angelo, lo studio di trasmissione si trovava all'ultimo piano dell'edificio al civico 3914. L'ingresso degli studi era nascosto da un armadio con il fondale amovibile, l'antenna sul tetto collegata al trasmettitore del Lido era dissimulata in un'altana.
L'emittente si chiamava Radio Venezia Giulia, tutta l'operazione era segreta, tanto che lo scrittore istriano Quarantotti Gambini (il suo romanzo più noto è "L'onda dell'incrociatore") non ne ha mai parlato e la verità è emersa soltanto in anni molto recenti, grazie al libro di Roberto Spazzali dal titolo "Radio Venezia Giulia", pubblicato dalla goriziana Leg.

La ricerca è partita dalle carte dispacci d'agenzia, appunti, lettere, bozze che i due fratelli avevano conservato, ed è stata approfondita scavando negli archivi.


DIETRO LE QUINTE
Tutta l'operazione era con ogni probabilità gestita dai servizi segreti, anche se nessuno se n'è assunta ufficialmente la paternità. L'ispiratore era Giulio Andreotti, molto attento alla questione adriatica. Le finalità dell'emittente erano due: tenere informata la popolazione italofona dell'Istria, o quel che ne restava, e raccogliere informazioni di prima mano dall'interno del territorio conteso. Questo dimostra che gli italiani non sono affatto rimasti a farsi infilzare come tordi dai comunisti jugoslavi, come vuole la retorica del piagnisteo tanto diffusa in questi anni, ma hanno cercato di assumere iniziative attive, seppur all'interno degli scarsissimi margini lasciati dal fatto di essere un paese sconfitto. Tra l'altro in questo campo c'è ancora molto da indagare, solo scarse notizie parlano di agenti e informatori lasciati alle spalle dalle forze armate italiane ritirate dalle province di Pola e di Fiume con il compito di mandare relazioni ai comandi, ma sembra che ci sia stato anche qualche sabotaggio (a linee ferroviarie, per esempio) e lo storico fiumano Giacomo Scotti ha anche scritto di un velleitario tentativo di assassinare il maresciallo Tito, che non si capisce bene se fosse reale o fantasioso, comunque di sicuro mai messo in atto.


NEI CORRIDOI DIPLOMATICI
L'idea della radio sembra sia nata in ambito diplomatico, probabilmente anche come risposta a Radio Trieste libera-Radio svobodni Trst, finanziata e sostenuta dal regime comunista jugoslavo. Nell'estate 1945 il ministero degli Esteri italiano aveva mandato a Trieste (che fino al 1954 sarà sottoposta al Governo militare alleato), una missione diplomatica guidata dal conte padovano Justo Giusti dal Giardino. Questi nel 1936 era stato inviato a Pechino come segretario d'ambasciata, due anni più tardi veniva mandato a San Sebastiano, in Spagna, dov'era rimasto fino al 1942, anno in cui viene nominato segretario della legazione diplomatica italiana nella Grecia occupata. Non aderisce alla Rsi e si unisce alle formazioni partigiane di Giustizia e Libertà. I servizi di intelligence erano curati da Massimo Casilli d'Aragona, già funzionario coloniale e ufficiale dell'Esercito che da tempo si occupava della Venezia Giulia da dove aveva mandato numerose relazioni riguardo ai rapporti, spesso cattivi, tra le varie formazioni partigiane. Si trattava di una missione della massima riservatezza, tanto che non era stato informato nessuno e gli uomini di Casilli erano stati bloccati alla frontiera proprio dall'ignara polizia italiana. A Trieste, e dove possibile in Istria, agiva anche il servizio del ministero dell'Interno, con il compito di raccogliere informazioni (controspionaggio), mentre i funzionari degli Esteri dovevano raccogliere notizie utili a compilare i dossier politici utili ai rappresentanti italiani coinvolti nelle trattative internazionali. L'emittente doveva rimanere nascosta non solo da eventuali agenti jugoslavi, ma anche dagli angloamericani che governavano Trieste e la consideravano non del tutto a torto un'ingerenza del governo italiano negli affari triestini.


L'APPELLO
«Oggi 3 novembre, il giorno di San Giusto e anniversario della redenzione di Trieste, una voce libera parla finalmente agli italiani della Venezia Giulia. Sappiate resistere. La vostra Italia, L'Italia di Garibaldi e Matteotti, ritornerà, è la voce di 45 milioni di italiani che non ci hanno dimenticato e non ci dimenticheranno»: con queste parole erano cominciate le trasmissioni, il 3 novembre 1945. L'Italia non è tornata, ma nella redazione segreta si sono alternati un centinaio di giornalisti destinati a diventare celebri nel panorama italiano, come Vittorio Orefice, il giornalista che commentava la politica dal Tg1 della Rai, Franco Di Bella, futuro direttore del "Corriere della sera" travolto dallo scandalo della loggia P2, Antonio Spinosa, inviato speciale del "Corriere della sera" e del "Giornale", diretto da Indro Montanelli. Tra i redattori si trovavano anche due futuri sindaci democristiani di Trieste: Gianni Bartoli e Marcello Spaccini.


LE STRUMENTAZIONI
Il Lido di Venezia era un luogo ideale da dove trasmettere, perché le onde radio non trovavano alcun ostacolo naturale nel raggiungere l'oltre Adriatico. Il raggio delle trasmissioni era comunque di quattrocento chilometri e le si poteva ascoltare, oltre che a Trieste, Istria, Fiume e Dalmazia, anche fino in Lombardia e in Emilia Romagna.
Con il trattato di pace del 1947 l'Istria va alla Jugoslavia, la radio entra a far parte dell'agenzia Astra, agenzia stampa con sede a Trieste, emanazione della Democrazia cristiana e guardata di traverso dall'agenzia Ansa che non gradiva la concorrenza. Da quel momento cambia il fine dell'emittente: non più cercare di mantenere l'Istria all'Italia, ma orientare il voto delle elezioni del 18 aprile 1948, a Trieste non si votava, ma nei territori vicini sì e votavano molti istriani profughi in Italia (le associazioni degli esuli sono storicamente state un serbatoio di voti per la Democrazia cristiana, finché è esistita). Passate le elezioni, la radio viene ridimensionata (costava troppo e le spese non erano rendicontate) e riorientata a favorire il ritorno di Trieste all'Italia. Radio Venezia Giulia cessa le trasmissioni il 1° luglio 1949. Da quel momento entra a far parte della Rai, ne è in qualche modo erede il programma "L'ora della Venezia Giulia", dal 1952 a oggi trasmesso dalla sede Rai di Trieste.

Ultimo aggiornamento: 16 Febbraio, 13:15 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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