Tragedia del Molinetto. Indagato per disatro colposo e assolto: «Quel processo mi ha stravolto la vita»

Giovedì 28 Maggio 2020 di Denis Barea
L'architetto Leopoldo Saccon indagato principe nella vicenda del Molinetto della Croda

REFRONTOLO - «Ci hanno messo sei anni a scoprire che nel Pat c'era la previsione dell'area come esondabile. E in questi sei anni io ho dovuto cambiare mestiere». Leopoldo Saccon era l'indagato principe nella vicenda del Molinetto della Croda in cui persero la vita Luciano Stella, Giannino Breda, Maurizio Lot e Fabrizio Bortolin, travolti dalle acque del torrente Lierza il 2 agosto del 2014. Assolto anche in seconda grado, difeso dall'avvocato Elisa Polesel, il suo studio si occupò della consulenza per la redazione tecnica del piano di assetto territoriale: fu indagato per disastro colposo per non aver ricompreso, a detta della Procura di Treviso, il Molinetto fra le aree a rischio del comune di Refrontolo e di aver dato l'incarico a un geologo - Celeste Granziera - di predisporre la carta idrogeologico. 
 



«Ci sono - spiega Saccon - delle precise disposizioni della Regione in merito, io ho seguito quelle e diedi il compito di predisporre il documento al dottor Granziera. Che altro dovevo fare? Quanto al Pat la vicenda che mi riguarda è quasi kafkiana. Si disse che il piano non conteneva la previsione del Molinetto come zona a rischio idrogeologico ma c'era, eccome se c'era. Bastava leggerlo, o meglio saperlo leggere. E inserimmo Molinetto nelle aree potenzialmente soggette a inondazioni, per quanto i fenomeni non avessero dei tempi di ritorno brevi: in un caso erano di 70 anni, in un altro studio addirittura 200 anni. Voi capite che con queste indicazioni si può persino edificare ma io usai il principio di cautela e l'area venne segnata con il bollino rosso. Semmai quello che mancava al Comune era il piano di protezione civile ma quello non lo feci io. Arrivò qualcuno, in sede di appalto, che offrì molto meno».

Perché la Procura non si accorse che il Pat conteneva l'indicazione del Molinetto come area esondabile?
«Lo vada a chiedere a loro. Il Pat bisogna saperlo leggere, è un documento molto complesso. Ma quella prescrizione c'era. Il giorno dopo la tragedia non mi sorprese saper che era accaduto l'irreparabile. Il Comune non sapeva nulla di quella festa dei omi, non era in grado di chiedere le autorizzazioni, il collaudo del tendone, i permessi che invece venivano chiesti per la festa d'estate, che si teneva ogni anno. Quello era un evento privato, non aperto al pubblico».

Quindi fu tutta colpa delle persone che, malgrado il livello dell'acqua salisse, decisero di rimanere?
«Nei video della serata appare chiaro che vi fu una sottovalutazione del rischio. Forse qualche bicchiere di troppo è risultato fatale. Nelle immagini riprese si vedono persone che vanno a controllare il livello dell'acqua e che in seguito decisero di andarsene. I quattro che persero la vita no, loro rimasero fino alla fine».

Alle famiglie di chi è tragicamente scomparso cosa si sente di dire?
«Che mi dispiace. A volte succedono cose che non sono colpa di nessuno. È difficile da accettare e loro si sono aggrappati a l'unica cosa che avevano, e cioè la responsabilità del Comune e di noi progettisti del Pat. L'evento fu la tragico somma di una serie di accadimenti straordinari e neppure il miglior piano di protezione civile avrebbe potuto fare qualche cosa perché in quelle ore c'era sì un allarme meteo, ma spostato al giorno successivo».

Come ha vissuto questi sei anni?
«È stato un periodo molto difficile. Ho dovuto riqualificare il mio studio, io sono un professionista molto noto e mi era impossibile andare a prendere lavori di pianificazione territoriale dopo quello che era successo. Anzi, ricordo che dopo il rinvio a giudizio fioccarono gli annullamenti degli incarichi già ricevuti. Del resto, chi poteva voler dare lavoro a uno studio che pareva aver commesso un errore così marchiano? Finì che licenziai molte persone e mi misi a fare altro.
Ora, dopo sei anni, più che giustizia è stata fatta una operazione di verità su quel Pat. I giudici dell'Appello se ne sono accorti subito, il mio documento era corretto».

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