Omicidio Conegliano, la Procura: «Già sei anni fa il marito aveva pensato di uccidere Margherita»

Mercoledì 26 Luglio 2023 di Maria Elena Pattaro
Margherita Ceschin e le indagini del Ris

CONEGLIANO (TREVISO) - «Voleva uccidere la sua ex già sei anni fa, con un piano analogo a quello che poi ha attuato a giugno».

Il procuratore di Treviso Marco Martani non ha dubbi sulla solidità del quadro indiziario che ha portato all’arresto di Enzo Lorenzon, 80enne di Ponte di Piave, e di tre dominicani (tra cui l’attuale compagna) per l’omicidio della sua ex moglie Margherita Ceschin. Il capo della procura ha illustrato ieri, durante una conferenza stampa, le complesse indagini dei carabinieri (guidati dal colonnello Massimo Ribaudo e coordinati dai pm Anna Andreatta e Michele Permunian) che hanno portato a risolvere il giallo di Conegliano. Quello che all’inizio sembrava un furto finito male, si è rivelato invece un omicidio su commissione. Lorenzon, ricco imprenditore agricolo, con la complicità dell’attuale amante Dileysi Lorenzo Guzman, 32enne dominicana ha assoldato dei killer per eliminare l’ex coniuge, soffocata la sera del 23 giugno nel suo appartamento di via XVIII Aprile a Conegliano. 


LA TESTIMONIANZA
Una testimonianza importante, per orientare le indagini verso la pista dei rancori familiari è stata quella di una ex amante del pensionato. «Voleva farla fuori già nel 2017. Aveva proposto anche a me un ruolo da intermediario per trovare qualcuno disposto ad ammazzare la sue ex in cambio di 10mila euro. Ma mi sono rifiutata» ha raccontato la donna ai carabinieri. La signora, che in quel periodo frequentava assiduamente Lorenzon, si è presentata spontaneamente dalle autorità dopo aver letto sulla stampa della tragica fine di Margherita. La donna ha raccontato del rancore covato da Enzo nei confronti della vittima. Un odio legato alla costosa separazione (10mila euro al mese di mantenimento). Per far valere le proprie ragioni, Margherita avrebbe minacciato di spifferare presunte irregolarità all’interno dell’azienda vitivinicola dell’ex marito. Così già all’epoca l’anziano avrebbe accarezzato l’idea di sbarazzarsi definitivamente della ex. «Mi ha chiesto se conoscevo qualcuno disposto a dare una lezione o anche a uccidere la donna» ha raccontato la vecchia fiamma. Evidentemente Lorenzon sperava che l’amante, originaria del Meridione, gli fornisse qualche aggancio con la malavita. Invece così non è stato. Le minacce di morte («Se non stai zitta ti taglio la gola») denunciate da Margherita non avevano quindi avuto seguito. Ma era solo questione di tempo. L’occasione gli si sarebbe ripresentata con la nuova compagna, che secondo gli inquirenti ha avuto un ruolo importante nel delitto. E cioè mettere in contatto Lorenzon con il mediatore Juan Maria Guzman, 41 anni, che a sua volta avrebbe ingaggiato i sicari Sergio Antonio Luciano Lorenzo, 38 anni, e altri due ancora latitanti all’estero. Sono ricercati con un mandato di cattura internazionale. I due sicari sono venuti dalla Spagna e sono stati riportati lì dopo il delitto. Riaccompagnati da Sergio Luciano con il Land Rover Freelander di Lorenzon, lo stesso usato per andare ad ammazzare Margherita. Un passo falso, secondo i mandanti, perché avrebbe potuto rivelare i legami fra loro e i sicari. Il suv infatti è al centro di numerose conversazioni intercettate dagli inquirenti. Guzman e Luciano parlano della necessità di “pulire a fondo” l’auto. «Il Freelander va portato in montagna, fatto bruciare» riflette Lorenzon ad alta voce, subito dopo il funerale della moglie, senza sapere che l’auto aveva delle cimici. 


LE INDAGINI
Gli inquirenti hanno avuto subito il sospetto che il furto in casa fosse soltanto una messinscena. Movente e assassini andavano cercati nella cerchia familiare, così hanno messo sotto intercettazione l’ex marito e le figlie. E pian piano un puzzle ha iniziato a ricomporsi. A cominciare dalla «strana telefonata» di Guzman ricevuta da Lorenzon cinque giorni dopo il delitto: il sudamericano gli chiedeva un incontro urgente per il tagliando dell’auto. Il giorno dopo è Lorenzon a farsi vivo: «Vietato...chiamare...indagati». Oltre alle intercettazioni ci sono i filmati di sorveglianza e l’analisi delle celle telefoniche, da cui risultano almeno cinque sopralluoghi prima del delitto. «In un mese siamo riusciti a ricostruire il quadro indiziario sfociato poi nei fermi di quattro dei presunti responsabili - osserva il colonnello Ribaudo - fornendo una risposta tempestiva a un caso che aveva destato un forte allarme sociale». 

 

Ultimo aggiornamento: 27 Luglio, 08:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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