CONEGLIANO - «Se volete una replica esatta di questi due quadri (Le muse inquietanti e I pesci sacri del 1918) posso farvela per 1000 lire italiane ciascuna. Queste repliche avranno il solo difetto di essere eseguite con una materia più bella e una tecnica più sapiente» scrive Giorgio de Chirico il 10 marzo 1924 a Simone Kahn, moglie di André Breton. «Copiarsi è un atto di autoappropriazione da parte dell'artista, che in questo anticipa il maestro dei multipli Andy Warhol» ha spiegato ieri a Palazzo Sarcinelli Victoria Noel-Johnson all'opening dell'esposizione "Giorgio de Chirico, metafisica continua" (catalogo Antiga Edizioni), che resterà aperta fino al 25 febbraio.
IL FOCUS
La mostra riserva un ampio focus alla stagione neometafisica 1965-1976 - di cui Fondazione de Chirico possiede la più completa collezione al mondo - caratterizzata dalla rielaborazione dei temi che popolavano le opere del primo periodo metafisico 1910-1918. Ne è un esempio "Interno metafisico con testa di cavallo" del 1968, dove i vari elementi abbracciano il Barocco, il Rinascimento, le fughe di portici vuoti, colori smaglianti e Rubens, il suo pittore preferito cui alludono sempre le forme equine. Come se il tempo non esistesse, come se non ci fossero limiti nella composizione. In una lettera a Guillaume Apollinaire dell'11 luglio 1916 scrive: «Eraclito ci insegna che il tempo non esiste e che sulla grande curva dell'eternità il passato è uguale all'avvenire». Tutto può coesistere per de Chirico in una concezione di tempo circolare, come quella di Nietzsche, il suo filosofo prediletto, che in "Volontà di potenza" parla dell'"amor fati" come unica possibilità di accettazione per l'uomo dell'eterno ritorno. I surrealisti lo criticavano per i riferimenti all'antichità classica e ai grandi maestri del passato. Raymond Queneau nel 1928 arrivò a definirlo «un pittore che non fa altro che trascinarsi per i musei italiani, leccando la polvere dei vecchi quadri e dedicandosi a copie idiote». «La sua - afferma invece Noel-Johnson, con buona pace dei surrealisti - è stata una carriera coraggiosa che con sottile ironia ci propone enigmi da decifrare come nei Manichini senza volto, nei Trovatori, nelle Piazze d'Italia e nelle Torri, negli "Interni ferraresi", nei "Soli accesi e spenti" e nei "Bagnanti Misteriosi" (serie Mythologie del 1934), dove appaiono uomini in giacca e cravatta che entrano in una cabina tra palloni galleggianti e cigni, o remano in una fuga inspiegabile dal quotidiano, idoli e statue classiche tra onirici e inspiegabili raduni acquatici. Amava dire che soltanto due o tre persone, tra cui il poeta Jean Cocteau, avevano capito le sue opere, poi aggiungeva "ma non ne sono sicuro"».